“La pandemia non esiste, è tutta un’invenzione”: chi dichiara ciò, nonostante sia palesemente smentito da due anni di emergenza sanitaria, può affermarlo liberamente in tutte le piazze (anche virtuali dei social network), perché ma esercita così anche un proprio diritto, libero e incondizionato.
Sembrerebbe questa la conclusione cui potrebbe portare una decisione del Tribunale di Venezia che, in una recente pronuncia, ha sancito il diritto di un utente a non vedersi “bannare” da Facebook in base a ciò che ha pubblicato . Link, commenti e opinioni vanno rispettate, anche se non piacciono ai più o propagandano idee surreali. È questa, in estrema sintesi, il tenore della sentenza.
Il caso all’attenzione dei giudici
Il caso prende le mosse dalla chiusura, l’estate scorsa, di un profilo Facebook di un utente veneto il quale postava un link ad un articolo in cui si negava la pandemia. Quindi, in ottemperanza alla propria policy, il popolare social network provvedeva a chiudere inesorabilmente l’account per evitare la diffusione di teorie complottistiche sul Covid-19.
Da qui il ricorso ai togati lagunari che, con una sentenza che sta facendo discutere, ha stabilito che la chiusura del profilo “non è giustificata sul piano contrattuale e lesiva di interessi fondamentali come quello alla vita privata e familiare ed alla libera manifestazione del pensiero“. Ma la pubblicazione del discutibile link non è stato il solo motivo di censura da parte di Facebook che ha contestato all’utente anche l’uso contemporaneo di più profili differenti nella stessa piattaforma social.
La condanna di Facebook
L’apertura di più profili non sarebbe, sempre secondo i togati del capoluogo veneto, una “condizione adeguata e sufficiente” al blocco. Da qui la condanna nei confronti di Facebook a riaprire il profilo dell’utente, con una penale di 100 euro al giorno per ogni giorno di ritardo. Questa volta Davide ha vinto contro Golia. È questa non è una fake news.