lunedì, 30 Dicembre, 2024
Economia

Cessione del credito, 40 Mld. Allarme banche. Rischio blocco lavori

Una “massa gigantesca” di crediti che non si sa come arginare. Una crescita esponenziale che allarma le banche che una dopo l’altra chiudono i rubinetti del mercato delle cessioni dei crediti legati ai bonus fiscali, a partire dal superbonus 110%. La cifra dei crediti da cedere ha toccato quota 40 miliardi. Nel contempo si è ridotta drasticamente quella platea di soggetti che si dichiarano pronti ad acquistare il credito. Una situazione di difficoltà che sarà sul tavolo delle nuove emergenze che il Governo è chiamato ad affrontare.

La crescita esponenziale

Il meccanismo dei crediti del SuperBonus, semplificando, ha bisogno di una filiera che si armonizzi tra i principali protagonisti: lo Stato, le imprese, le banche e le famiglie.
Con il SuperBonus 110%, lo Stato paga il totale delle spese sostenute, più un ulteriore 10%. Il contribuente che sceglie la detrazione paga le spese, e poi viene rimborsato in dichiarazione dei redditi nei cinque anni successivi, pagando meno tasse. Il problema del credito nella sua prima versione ha innescato passaggi illeciti e maxi truffe che sono state intercettate. Tra indagini e blocchi di capitali si è arrivati a
venerdì 18 febbraio quando il Governo ha imposto nuove regole con una stretta antifrode con il decreto Sostegni ter. In pratica è scattato il divieto della cessione dei crediti a catena, e regole stringenti fino al blocco dei cantieri. Su pressing di Associazioni edili e banche si è passati ad una via di mezzo, tra la prima versione del decreto Rilancio – che consentiva la cessione dei crediti senza limiti – e le restrizioni successive varate con il decreto Sostegni – che ha vietato le cessioni dopo la prima volta -. La stretta di trasparenza e anti truffe voluta da Draghi funziona, nel contempo oggi il Governo si trova di fronte al problema non previsto di una grande mole di richieste di attivazione del Superbonus 110% e di passaggio di crediti che non è più sostenibile.

L’allarme delle banche

Tra le banche la prima a frenare il mercato delle cessioni dei crediti legati ai bonus fiscali sono stati Intesa Sanpaolo e UniCredit. Se Intesa – che ha raccolto fino ad oggi domande per quasi 20 miliardi di lavori – calcola come “inevitabile un progressivo rallentamento fino all’uscita”, dal mercato; UniCredit è invece prossima a dire stop, “complice l’elevato volume di richieste”. UniCredit finora ha accolto domande per 1,2 miliardi di euro. Le preoccupazioni attraversano l’intero mondo bancario, stando alle indiscrezioni si va verso il blocco totale, con l’impossibilità materiale di procedere con nuove domande. Un monitoraggio effettuato dal Sole 24 Ore sulla situazione dei diversi istituti dice che molti stanno rallentando gli acquisti dei privati e molti altri, addirittura, si sono già completamenti fermati.
Stando alle indiscrezioni l’elenco delle banche che hanno deciso di bloccare le nuove pratiche è lungo. A partire da Banco Bpm, che ha superato – dicono dalla banca – “l’obiettivo dei 3,5 miliardi di acquisto di crediti fiscali avvicinandosi rapidamente a circa 4 miliardi di volumi totali”.

Stop e rispetto degli impegni

Dal mondo delle banche filtra un messaggio rassicurante ma solo per gli “impegni già presi”. È il caso del Banco Bpm, l’istituto ha deciso che proseguirà con “l’acquisto di crediti fiscali già contrattualizzati con la clientela nel rispetto degli impegni assunti, ma allo stesso tempo ha sospeso l’avvio di nuove pratiche”, ma precisa come la banca sia in attesa di “ulteriori novità in ambito normativo”. Stesso discorso per Credit Agricole Italia, che ha “deciso di sospendere momentaneamente l’ingresso di nuove pratiche”, e sta “continuando a lavorare solo sugli impegni già presi con i clienti”. Levata di scudi, invece, secondo quanto riferisce il Sole24Ore, anche per il gruppo cooperativo Cassa Centrale Banca, che è già passato ad un diniego verso le richieste dei clienti per effetto dell’esaurimento della propria tax capacity.

Il lungo elenco di chi frena

Deutsche Bank ha raggiunto il tetto massimo mentre Credem ha chiuso i battenti già da qualche settimana, per raggiunti limiti di capacità fiscale.
Stop anche per Banca Carige e di Popolare di Sondrio, mentre dopo una valutazione molto prudente nell’accettazione delle domande, rimane qualche margine, per Bper e Mps. Discorso simile per Sparkasse, vicina alla massima capacità.

Aggiornare le norme

Per gli istituti di credito è anche un problema di regole. Tra i diversi provvedimenti dei Governi e rimaneggiati delle norme, si sono creati non pochi dubbi. Il Gruppo Bcc Iccrea, ad esempio attende, “l’implementazione delle pratiche legate alla cessione dei crediti fiscali per via dell’attuale normativa prevista, visto che nel tempo le capienze dei cassetti fiscali delle Bcc del Gruppo si stanno esaurendo. Auspichiamo un pronto aggiornamento della normativa”. Mentre Banca Sella, invece, procede con la sua operatività regolare.

Le richieste degli istituti

Il problema delle regole della loro trasparenza e applicazione diventa una necessità di fronte ad una massa di denaro così elevata. Da un lato il SuperBonus e il meccanismo delle cessioni dei crediti ha dato un forte impulso all’edilizia e dato una mano alle banche, ma ora lo stesso sistema bancario chiede di modificare la normativa, per creare meccanismi funzionali.
Le indicazioni vanno dal coinvolgimento maggiore nel sistema delle cessioni di aziende private. Ossia di “soggetti dotati di una capienza fiscale” che consenta di usare in compensazione il credito ceduto dai soggetti bancari. Ma per ampliare la platea servono semplificazioni forti. Tra le proposte, inoltre, l’estensione del periodo nel quale è possibile recuperare il credito o la revisione del meccanismo che vieta le cessioni frazionate.

SuperBonus, conto da 20 miliardi

Se le banche sono allarmate, e le imprese rischiano ancora di più dal blocco della cessione dei crediti, la Cgia di Mestre mette in evidenza i limiti, del SuperBonus. “A seguito di 107.588 asseverazioni depositate al 31 gennaio scorso, lo Stato, con il Superbonus del 110 per cento, dovrà farsi carico di una spesa di poco superiore a 20 miliardi di euro”, scrive il Centro studi, “Se teniamo conto che in Italia sono presenti quasi 12,2 milioni di edifici residenziali, stimiamo che, fino ad ora, questo provvedimento abbia interessato solo lo 0,9 per cento del totale degli immobili destinati ad uso abitativo”. In altre parole, consentendo  ai proprietari che riqualificano i propri immobili una detrazione fiscale del 110 per cento, lo stato spende 20 miliardi per migliorare l’efficienza energetica di una infinitesima quota di edifici presenti nel Paese.
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