venerdì, 15 Novembre, 2024
Il Cittadino

Uomini, mezzi uomini e quaquaraquà

La tragicità dei tempi mi fa tornare prepotentemente alla memoria un memorabile passo di Sciascia (Il giorno della civetta, Einaudi, 1961): «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere».

Un’affermazione che non a caso Sciascia fa pronunciare ad un mafioso: quindi ad un soggetto arrogante e pieno di sé, che certamente non avrebbe avuto dubbi su dove collocare sé stesso (ma era una  mafia arcaica, consapevole e rispettosa dei ruoli: tanto da collocare il comandate dei carabinieri che lo stava per arrestare nella categoria degli uomini).

Premettendo, quindi, che avrei dubbi su dove collocare me stesso (mi accontenterei della seconda categoria!) annoto che la previsione del 1961, rapportata alla consistenza sociale di questo primo quarto del XXI secolo, mi sembra si sia tragicamente avverata.

Lo è nella popolazione italiana e, di riflesso, nella nostra classe politica: che dal 1994 in poi – con la forte accentuazione conseguente all’eliminazione del voto di preferenza – è fatta di “nominati”: cioè di politici espressione del potere delle segreterie e “graditi” alle stesse.

Per di più con l’aggravante di due delle principali formazioni politiche emerse nei trent’anni qui considerati che non solo non hanno (o non avevano) regole democratiche, ma hanno dovuto improvvisare centinaia di parlamentari completamente ignari ed inconsapevoli.

Non mi meraviglia più di tanto, quindi, quella sensazione di mediocrità che mi deriva dall’atteggiamento della politica di fronte a specifiche decisioni conseguenti all’aggressione russa (a proposito: in quale categoria collochereste Putin?). Non mi meravigliano le anime candide che rimproverano a governi cui hanno in qualche modo tutti partecipato (caratteristica unica ed irripetibile dell’attuale legislatura) di non avere mai pensato ad alternative al gas russo. Ma non ho notizia di una sola persona in Italia che prima del 28 febbraio 2022 abbia posto in dubbio l’opportunità di cercare un altro fornitore.

Ancora più vero per le soluzioni energetiche alternative. Il Corriere della Sera di ieri sabato ha dato notizia dei progetti inceppati nelle maglie della burocrazia e che bloccano risorse energetiche che oggi farebbero la differenza (leggetelo in accoppiata con l’articolo di ieri del nostro bravo Maurizio Piccinino, Energia scenari di crisi). Come ha notato ieri Paola Balducci nel suo intervento al Congresso di VerdeÈPopolare, in Italia abbiamo troppe regole, che inducono al loro non rispetto, troppa burocrazia, troppe complicazioni. Così che tornare a parlare di ciò che la politica del “no” – certe volte indubbiamente ottusa – ha causato, senza porre soluzioni agli ostacoli frapposti verso gli investimenti ed i progetti già approvati e pronti da essere eseguiti è cosa da quaquaraquà.

È un cercare a posteriori l’attribuzione di colpe e responsabilità a negazioni che, per un conformismo demagogico a cui in quel momento conveniva adattarsi, sono state in gran parte condivise da vastissimi settori della nostra società.

La situazione mondiale attuale impone che gli uomini attestino la loro presenza e la dimostrino con fatti concreti. In primo luogo non dando spazio alle tante mediocrità che eccellono, se mi perdonate l’ossimoro, e di fuggire da furberie e scappatoie e soluzioni comode.

La sensazione di una soluzione non chiara circa la questione del 2% delle spese militari, ad esempio, non mi abbandona. Mi sembra si sia trovata un modo di vita per il Governo in un impegno assunto, ma non riscuotibile immediatamente.

Cioè quella stessa vaga promessa alla NATO con faciloneria assunta dai governi passati. Sennonché la situazione in Ucraina ed in Russia è seria e reale e non può essere sottovalutata.

È il momento in cui si faccia avanti la miglior parte del Paese, con un obiettivo che sia più lontano della prossima scadenza elettorale.

Perché se l’obiettivo fosse soltanto quello immediato vi confesso non mi dispiacerebbe venisse anticipata la fine della più vuota delle legislature della nostra storia repubblicana: con la speranza che la serietà dei tempi, facciano emergere solamente la prima della categorie sciasciane.

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