I mercati azionari europei hanno chiuso la seduta di venerdì tirando un sospiro di sollievo, mentre Wall Street ha risentito in maniera maggiore del perpetuarsi delle incertezze. Non si è fermata di certo la corsa del petrolio, che ha guadagnato il 2,5% nei due indici di riferimento, con il Wti intorno ai 109 dollari al barile e il Brent vicino ai 112.
Alla ricerca di un rifugio d’oro
La situazione in Ucraina ha riportato l’attenzione degli investitori sul bene rifugio per eccellenza: l’oro. Il prezzo di questo metallo era già in crescita prima della crisi in Europa orientale, dopo la quale ha irrobustito i rialzi superando i duemila dollari l’oncia. Prima della crisi attuale, ricorda James Luke, gestore del fondo Schroder ISF Global Gold dalle pagine di Financialounge.com, il prezzo dell’oro si aggirava intorno ai 1.800 dollari l’oncia, senza grandi miglioramenti dalla fine del 2020. “I prezzi dell’oro sono stati resilienti a gennaio e all’inizio di febbraio, nonostante i forti aumenti dei tassi d’interesse reali statunitensi, che di solito pesano su queste quotazioni.”
La BCE verso una riduzione del QE ed un rialzo dei tassi
La BCE ha sorpreso i mercati con le dichiarazioni del 10 marzo. Accelerando la normalizzazione della politica monetaria, cioè l’uscita dalle misure straordinarie prese durante la pandemia e rallentando gli acquisti nei prossimi tre mesi: a partire già da luglio la BCE potrebbe interromperli, a meno che non vi siano nuovi dati su un rallentamento dell’inflazione. Nonostante nel comunicato di venerdì l’invasione russa dell’Ucraina sia descritta come un “watershed” (spartiacque) per l’Europa, la BCE si è concentrata sui pericoli di inflazione piuttosto che su quelli di rallentamento economico determinati dalla guerra. Le proiezioni BCE di inflazione per l’anno in corso sono del 5,1% rispetto al 3,2% precedente. Parimenti, sono state riviste le proiezioni sulla crescita, con un ribasso dal 4,2% al 3,7% per il 2022.
Adesso occhi puntati sulla riunione della FED di questa settimana.
PNRR, trend secolari e innovazione. In soffitta?
Il PNRR è il documento che ciascuno Stato dell’Ue ha redatto per accedere ai fondi del Next Generation Eu. I fondi messi a disposizione dell’Italia ammontano a 191,5 miliardi di euro. A questa ingente somma, finanziata dall’Ue, si aggiungono 30,6 miliardi di euro di risorse nazionali provenienti dal Fondo complementare e 13 miliardi di euro dal programma ReactEu. Questi 191,5 miliardi di euro sono suddivisi in 6 missioni: transizione digitale (40,32 miliardi); transizione ecologica (59,47 miliardi); infrastrutture e trasporti 25,40 miliardi); salute (15,63 miliardi); inclusione e coesione (19,81 miliardi); istruzione e ricerca (30,88 miliardi).
Un settore nel quale l’Italia risulta tra le realtà più ricche di Start up innovative è, inoltre, quello dell’Agritech, che ha visto un incremento di oltre il 21% nel 2021 rispetto al 2020.
Ma le asset class beneficiarie del Pnrr e le altre coinvolte nei famosi trend secolari, come possono conciliarsi con i nuovi investimenti sul fronte dei combustibili fossili e con il bisogno di approvvigionamento energetico?
Le prospettive di breve e di lungo periodo
I risparmi, se ben diversificati all’interno di un portafoglio, possono rispondere per una parte ad esigenze di breve periodo (e allora sarà bene siano investite in attività non troppo volatili e quindi potenzialmente tese a conservare il capitale) e per l’altra ad esigenze di lungo periodo che riescono non solo ad assorbire maggiormente oscillazioni anche negative nel breve, ma a considerarle come una possibile opportunità per attuare piccole mosse tattiche , sempre che la nostra propensione e attitudine agli investimenti lo consenta.
Quindi parlare del siano meglio le materie prime, piuttosto che l’azionario o l’obbligazionario ha senso solo nel quadro personalissimo delle esigenze personali che è giusto scandagliare e affrontare con un esperto del settore.