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Xi si proponga come mediatore. Kiev non può diventare né Grozny né Aleppo

sabato, 12 Marzo 2022
1 minuto di lettura

Putin deve fare la sua scelta. Continuare con l’avanzata terrestre -che arranca- limitando i bombardamenti o procedere a fare terra bruciata, distruggendo tutto, con attacchi aerei massicci radendo al suolo Kiev come fece durante la seconda guerra cecena a Grozny (1999-2000) e ad Aleppo in Siria (2012-2016) per sostenere il dittatore siriano Bashar al Assad.

Si tratta di una scelta che potrebbe segnare una svolta decisiva nella guerra di aggressione all’Ucraina. Se Putin scegliesse la linea della brutalità estrema la prima conseguenza immediata sarebbe un’ulteriore presa di distanza da Mosca anche da parte di quei Paesi che finora hanno mantenuto un atteggiamento “comprensivo” verso Putin.

A trovarsi in difficoltà sarebbe soprattutto Xi Jinping che non vuole macchiare l’immagine della Cina con l’equidistanza in una guerra di sterminio. L’irritazione cinese per la linea dura di Putin è sempre meno nascosta ma sarebbe costretta a venir fuori se Kiev finisse in un cumulo di macerie. Xi l’anno venturo sarà in campagna elettorale per la rielezione, la prima resa possibile dopo la modifica della Costituzione. Non può affrontarla con l’onta di aver avallato in qualche modo l’opzione terra bruciata dell’amica Russia. Sarebbe costretto a prendere le distanze. In una posizione simile potrebbe trovarsi anche l’India.

Che dire poi della reazione internazionale ad una eventuale brutalizzazione estrema della guerra? E sarebbe un problema anche per la propaganda interna russa che sta narcotizzando il popolo con una valanga di fake news. Le macerie di Kiev parlerebbero da sole e farebbero venire qualche dubbio sia a parte del gruppo dirigente russo sia a strati della società cui è preclusa qualsiasi informazione libera.

Kiev è piena di trincee pronta a resistere e a rendere la vita impossibile alle truppe russe. Ma se il cielo della capitale dovesse diventare un inferno di bombe tutto sarebbe più difficile.

Forse è giunta l’ora che Pechino rompa gli indugi e si proponga come mediatore ufficiale tra le parti in campo.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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