Esiste un giudice anche a Bruxelles. Lo scorso 10 gennaio, l’European Data Protection Supervisor (l’equivalente europeo del nostro Garante privacy), ha reso pubblica la decisione con cui ha ordinato all’Europol, la celebre agenzia governativa per la sicurezza europea, la distruzione di una parte della sua gigantesca banca dati.
Il motivo che si cela dietro a questo particolare provvedimento sarebbe alquanto complesso, ma sostanzialmente riassumibile nel fatto che, nel corso degli ultimi sei anni, l’Europol avrebbe raccolto e conservato indiscriminatamente miliardi di dati sensibili sui cittadini dell’Unione Europea.
Le condotte contestate dal Garante europeo
Ad essere schedati nell’enorme database dell’agenzia governativa non ci sarebbero soltanto criminali o presunti tali, ma anche professionisti di spicco come avvocati, manager, giornalisti e attivisti.
A partire dal 2015, anno del tragico attentato al Bataclan di Parigi, il ruolo giocato da Europol nel contrastare il terrorismo internazionale si è rafforzato sempre di più, grazie anche ad un aumento dei fondi destinati all’agenzia di sicurezza e dei poteri che si è vista delegare.
Lo stop da parte dell’EDPS
Diverse operazioni di intelligence hanno avuto, come risvolto, quelle di far crescere a dismisura la banca dati dell’Europol. Seppur lodevoli, tali iniziative hanno acceso un faro sul patrimonio di dati e informazioni a disposizione dell’Agenzia.
Il cartellino rosso non è tardato ad arrivare. Proprio in virtù di tutto questo, l’EDPS ha ritenuto necessario agire per tutelare la privacy dei cittadini europei, ingiungendo ad Europol di cancellare una buona parte delle informazioni conservate nel suo immenso database. L’agenzia governativa avrà tempo fino al termine del 2022 per agire in tal senso, separando i dati personali raccolti in modo corretto da quelli detenuti invece illegittimamente. Il dibattito su sicurezza e protezione dei dati è solo agli inizi.