giovedì, 26 Dicembre, 2024
Parco&Lucro

Anche i portafogli tolgono la mascherina

Dopo due anni di lockdown, quarantene, ondate, varianti e, soprattutto, dopo tre dosi di vaccino, la voglia di ritorno alla normalità è evidente. Cosa c’entra tutto questo con i mercati finanziari? C’entra, eccome. Se, come più volte approfondito in questa sede, la finanza comportamentale ha un ruolo importante nello spiegare molti dei fenomeni a cui assistiamo nel settore finanziario, mai come in questo momento la traslazione della voglia di ritorno alla normalità è stata colta, eccome, dal mondo dell’economia e della finanza. Anzi, anticipata, come spesso accade.

Succede così che ad inizio anno proprio quei titoli e settori che erano “sbocciati” anzi, “esplosi” con la pandemia hanno iniziato a soffrire, a beneficio della “vecchia guardia”. Si pensi, per i primi, a tutti quei comparti che avevano tratto maggiore beneficio dalle limitazioni per combattere il virus: pagamenti on line e intrattenimento domestico, per citarne solo due.

Anche il discorso del Governatore della Banca d’Italia Visco all’Assiom Forex ha evidenziato che le misure emergenziali ormai, sebbene necessarie ancora sporadicamente per alcuni temi come il caro bollette, debbano lasciare il passo a strategie in cui “L’impegno deve essere ora soprattutto rivolto ad agevolare i cambiamenti strutturali, che la stessa pandemia ha accellerato”

L’inflazione sempre (troppo?) al centro dell’attenzione

Il dibattito sul tema dell’inflazione continua ad essere il fulcro dell’attenzione di investitori e mercati ed è più polarizzato che mai: da un lato c’è chi ritiene che l’inflazione sia un problema di natura transitoria e chi invece ritiene che possa essere un fenomeno più persistente. Sicuramente esistono valide argomentazioni a supporto di entrambe le tesi ma l’incertezza rimane elevata e probabilmente gli sviluppi a cui assisteremo sul mercato del lavoro, soprattutto negli Stati Uniti, saranno determinanti per capire verso che tipo di regime inflazionistico ci muoveremo.

Una certezza c’è.  100.000,00 euro lasciati sul conto ad inizio anno, a fine anno equivarranno, in termini di potere d’acquisto a 95.000,00.

BCE, possibile rialzo dei tassi

Gli operatori del settore prezzano una “stretta” già entro la fine di quest’anno, con un rialzo complessivo di oltre un punto dal 2023. Sarà così? Chissà.

Nella riunione di febbraio la BCE ha utilizzato una comunicazione molto più aggressiva rispetto alla precedente riunione di metà dicembre, con una svolta decisa in senso più restrittivo, che apre la strada ad una accelerazione del tapering degli acquisti dalla primavera e quindi ad una mossa al rialzo dei tassi già entro la fine di quest’anno.

Nella conferenza stampa la Presidente Lagarde non ha ripetuto quanto affermato a dicembre, ovvero che “un rialzo dei tassi quest’anno è improbabile”.  Al contempo la BCE ha ancora ribadito che deciderà di alzare i tassi in base al rispetto delle condizioni della forward guidance, e che tutte le mosse saranno decise con gradualità.

Da tale scenario risultano avvantaggiati i titoli bancari, protagonisti sui listini nelle ultime settimane. La sostanziale ristrutturazione post crisi 2008, la normativa stringente, i bilanci sempre più solidi, la ripresa economica ed il conseguente cambio di rotta delle Banche Centrali, hanno acceso i riflettori sul settore bancario. Come riportato in un interessante articolo di Luca Gualtieri su Milano Finanza del 12 febbraio, i maggiori istituti bancari italiani hanno centrato rialzi importanti: dal + 16,4 % di Intesa san Paolo al + 10,12 Unicredit. Ed i dividend yield sono importanti, con il 12% di Intesa San Paolo che è il dato più rappresentativo.

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