Che cosa rappresenta per noi, italiani del Terzo Millennio, la parola “identità”?
E’ un conceto rimasto inalterato nel tempo oppure è una con- dizione che ha subito —e subisce —continue evoluzioni?
Per lunghi anni abbiamo ritenuto che la nostra identità fosse data da un codice definito ed immutabile: la stessa lingua, la stessa religione, gli stessi costumi, le stesse abitudini…
Questi confini, definiti e stabili nel tempo, ci hanno permesso di entrare nella modernità del XXI° secolo dopo un processo di divisione che dal Medioevo si e protratto fino al Novecento. Eppure, fatta l’Italia, gli italiani erano ancora da farsi. Siamo stati a lungo divisi anche dopo l’Unità d’Italia: divisi da condizioni economiche, da opportunità, dallo sviluppo sociale. Questo ha affievolito, dopo la parentesi fascista e la retorica della dittatura, il sen- so comune del nostro sentirci italiani.
Ancora oggi l’identità di un veneto è diversa da quella di un pugliese non solo nel dialetto, ma anche nell’organizzazione della vita comune, individuale, famigliare, sociale,nella visione della società e degli interessi personali e generali.
Ma veniamo al punto. Che cosa definisce, oggi, 1’identità italiana?
Oggi questo termine e in crisi: vince la personalizzazione degliinteressi,una visione corporativa dei bisogni e del circolo nel qua-le vivere ed operare, senza porre attenzione alla cornice più gene-raledelcontestosociale. Tanto più politica, istituzioni, accademici parlano di interessinazionali, difesa dell ’italianità messa in pericolo dal mercato globale, tanto più alla base della piramide la gente sente problemi piùimpellenti e personali. La perdita del lavoro, il carovita, la corruzione, il malfunzionamento della burocrazia.Elementi che “logorano” una cittadinanzacondivisa. Ed è la divaricazionedi questidueprocessi(in“alto” e in“basso”) cheportaallacrisiattualedell’identità italiana, resa inefficace da una rivendicazione politicagenerica di quello che siamo e dall ’appiattimento con cui l’italianoognigiornodevefareilcontonellavitapersonale.
Si delinea, quindi, la necessità di recuperare una sintassi comune, strumento indispensabile per sviluppare un percorso identitario condiviso. Questa condizione va, tuttavia, declinata all’interno di un ‘ ampia visione culturale.
Ma qual è, oggi, la visione culturale del Paese?
Noi tutti sappiamo di vivere all’interno di una società complessa. Questa estrema complessità sollecita tutti, e soprattutto chi intende essere fermento all’interno dei proprimondi di responsabilità, a sviluppare competenze specifiche e di eccellenza. Competenze che spesso non sono accessibili a tutti e perciò non condivise. Ecco allora che l’identità passa attraverso una ridistribuzione delle opportunità. L’ascensore sociale deve riprendere il suo ruolo: permettere a tutti di cambiare la propria posizione sociale ed economica,suscitando energie positive nel Paese e soprattutto nelle giovani generazioni, coinvolte nel progresso e nel miglioramento delle condizionì proprie e generali.
La prima agenzia chiamata, dtinque, in causa è la scuola. ( 1-continua)