“Mi illumino a lungo dell’oro che trovo in fondo a un abbraccio” scriveva Lucien Becker, perché l’abbraccio resta; è uno di quei gesti propri della sfera affettiva che sono ricchi di sostanza e che non necessitano di troppe parole che li accompagnino. Fateci caso: quando abbracciamo il più delle volte lo facciamo da silenti. E non perché impossibilitati a parlare. Infatti quando baciamo, non parliamo perché l’atto del bacio invero ce lo impedisce e non perché scegliamo liberamente di non farlo; quando stringiamo la mano, ci presentiamo o spesso proferiamo comunque qualche parola di circostanza.
LA SALDATURA DEI DUE GIUNTI DEL FABBRO
L’abbraccio è un fatto. E i fatti hanno tutt’altro che il bisogno di orpelli in esubero. E’ il patto non scritto che rende tale un legame; un po’ come per la saldatura, quella “fisica e chimica di due giunti mediante la fusione degli stessi tramite apporto di calore”. E’ così che ho sempre pensato agli abbracci mentre stringo e vengo stretta: come in una morsa fatta di melassa piuttosto che d’acciaio ed operata così come nel processo messo in atto dal fabbro. Infatti la saldatura realizza un collegamento permanente tra due elementi; come per l’abbraccio, capace di originare un filo invisibile anche quando si è lontani. Perché l’abbraccio resta; così come per tutti i fatti, infrangibili ed inalterabili: permanenti, come nella saldatura.
L’OSSIMORO DELLA STRETTA ARMONICA
La cura, l’attenzione che c’è nell’abbracciare l’altro: l’ossimoro che abita l’atto stesso di stringere con dolcezza, di imprigionare a sé e liberare immediatamente dopo; di serrare, già consapevoli di aprire uno spazio di sé nel prossimo che lo riceve. E di farlo forte ma senza far male, anzi accudendo le membra con un’energia tutta particolare: piena dei brividi di un contatto autentico, poiché denso di contenuto. Ciò che contraddistingue e caratterizza poi il contenuto dell’atto sta proprio nell’armonia: non c’è disparità di sorta nell’abbraccio, non esistono posizioni differenti né diversi livelli; perché non è l’uno a dare e l’altro a ricevere, bensì entrambi che danno e ricevono ad un tempo, divenendo uno nel doppio.