lunedì, 16 Dicembre, 2024
Cultura

Il “Branco” di Vitali si insedia al Palazzo Reale di Palermo

Mancano pochi minuti alle 8 quando i primi cani del ‘Branco’ varcano la soglia di Palazzo Reale. L’installazione di Velasco Vitali, paradigma di legalità e lotta alla mafia, lascia così la Questura, dove è rimasta negli ultimi due mesi, per raggiungere la sede dell’Ars.

A completare il trasferimento oltre un centinaio tra donne e uomini delle forze dell’ordine. Palazzo Reale diventa così la terza tappa del viaggio simbolico del ‘Branco’, arrivato lo scorso 23 maggio nell’aula bunker dell’Ucciardone.

Lo spostamento in Questura, altro luogo simbolo della battaglia dello Stato contro Cosa nostra, è invece avvenuto il 10 novembre, poco più di due settimane dopo l’insediamento di Leopoldo Laricchia al posto di Renato Cortese. La tappa prevista dopo la sede Ars è il museo Salinas. La scelta del numero di sculture non è casuale. In tutto sono 54: 53 come gli anni di Giovanni Falcone quando fu assassinato e una in più a simboleggiare il suo lascito alle nuove generazioni.

“Ospitare questo allestimento è per me motivo di grande gioia. Sono orgoglioso del messaggio che vuole trasmettere il progetto e spero che questi cani vengano considerati garanzia di legalità -, commenta Gianfranco Miccichè, presidente Ars e nuovo ‘padrone’ del ‘Branco’, – farò in modo che almeno due o tre sculture trovino posto nell’aula dell’assemblea”.

Chi invece saluta l’allestimento è il questore Laricchia: ma la malinconia dell’addio lascia subito il passo alla gioia di averlo ospitato. “Aver tenuto il ‘Branco’ in Questura è il giusto tributo per tutte le indagini che sono partite e si sono sviluppate in questa sede, ma soprattutto per quelle persone che nel corso di questi decenni hanno sfidato la mafia e sono cadute combattendo”, commenta Laricchia. Tra i curatori del progetto, oltre all’Ars, le fondazioni Falcone e Federico II.

“Il nostro obiettivo è celebrare la memoria e il sacrificio di chi ha combattuto Cosa nostra, ma anche della società civile che ha saputo reagire. Non c’è strumento più efficace dell’arte per esprimere in maniera doverosa il ricordo e per inaugurare i trent’anni dalle stragi di Capaci e via d’Amelio”, spiega Patrizia Monterosso, direttore generale della fondazione Federico II.

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