Nel 2013 “L’Équipe” apre con caratteri cubitali un’inchiesta sulla corruzione che avrebbe portato al Qatar l’assegnazione dei Mondiali di calcio del 2022. Una scandalo con molte facce e diversi protagonisti che sarebbe iniziato a Zurigo il 2 dicembre 2010 quando tutto sarebbe stato deciso. Uno scandalo con tre protagonisti, destinati tutti e tre a portare le conseguenze di quella decisione: Sepp Blatter, Michel Platini, Mohamed Bin Hammam.
Hammam patron dell’AFC (la UEFA asiatica) verrà accusato di tentata corruzione per una presunta tangente versata ai rappresentanti delle federazioni caraibiche in cambio dei voti in assemblea.
Sepp Blatter, padre-padrone della FIFA per 17 anni, lascia l’organizzazione dopo l’ennesima elezione in preda a inchieste giudiziarie internazionali e richieste di dimissioni da parte di governi che arrivano fino dal presidente Obama e dal premier Cameron. Due anni dopo la defenestrazione, nel 2017, definirà il suo allontanamento “un gigantesco complotto. La giustizia ordinaria non mi ha mosso accuse, alla fine hanno fatto tutto gli americani. E gli inglesi, soprattutto gli inglesi. Non potevano sopportare di non aver avuto il Mondiale”.
Il terzo grande protagonista del “Qatargate” è Michel Platini.
Nel 2007 diventa presidente dell’UEFA: vi rimarrà fino al 2015 quando lo scandalo travolgerà anche lui. Il 18 giugno 2019 le agenzie di stampa battono la notizia del suo “arresto”. In realtà venne fermato e interrogato nel carcere di Nanterre con l’accusa di corruzione e traffico di influenze in merito all’assegnazione dei Mondiali a Doha. Un intreccio di favori che coinvolgerebbero anche il presidente Sarkozy e il principe ereditario Tamim bin Hamas al -Thani. Secondo “France Football” durante una cena all’Eliseo i tre avrebbero concordato l’assegnazione del Mondiale al Qatar e il principe avrebbe favorito una partecipazione qatarina nel PSG. Un interessamento che sarebbe poi proseguito con l’ingresso nel gruppo Lagardère con una partecipazione in grado di sostenere l’apertura di un canale tv interamente dedicato al calcio. Nove giorni dopo quella cena la FIFA avrebbe assegnato al Qatar la competizione mondiale. Una strana coincidenza.
Le polemiche contro i mondiali nel deserto hanno un’origine ormai lontana e sono destinate a proseguire anche nel 2022.
Dopo scandali, mazzette, intrighi, compravendite di voti, nel 2019 si è levata un’ulteriore campagna denominata “Cancel Qatar”. Una polemica sorta sull’onda delle accuse che Doha non rispetterebbe la parità di genere essendo una società maschilista. Altre contestazioni si sono levate sull’impiego di lavoratori (perlopiù asiatici, indiani e filippini) sottoposti a turni massacranti in cantieri a cielo aperto con temperature elevatissime. Accuse rimandate ai mittenti dalle autorità dell’Emirato.
Il Mondiale si giocherà e seguirà la scaletta di una serie di iniziative inserite in un progetto più ampio.
Secondo i dirigenti del calcio questa scelta porterà stabilità, sicurezza e benefici turistici ed economici a tutta la regione. È sullo sport che si gioca ora la faccia moderna dell’Emirato: dall’atletica al Beach volley, dal pugilato fino all’hockey su ghiaccio. Il Paese importa campioni a suon di ingaggi. Nel 2016 il Qatar è riuscito a mandare in Brasile 39 atleti. Molti sono stati naturalizzati negli ultimi anni (in un Paese che non concede facilmente il passaporto a stranieri), molti provengono dall’Africa e da federazioni che non hanno mezzi economici e finanziamenti. Un arruolamento perseguito con criteri scientifici e grandi disponibilità di mezzi. Per questo è nata la “Aspire Academy” con lo scopo di provvedere all’educazione sportiva degli studenti, formando così i campioni del futuro. E il calcio deve fare la parte più “visibile” con la “Aspire Football Dreams” (AFD): due milioni e mezzo di giovani e giovanissimi in giro per il mondo sono già stati visionati. Un laboratorio di eccellenze affidato ad un allenatore con pedigree: Josep Colomer, lo scopritore di Leo Messi.
L’Academy ha avviato una serie di collaborazioni con importanti squadre europee mentre ospita regolarmente i ritiri di molti club blasonati. Nel 2019 dieci club hanno svernato a Doha seguendo il Paris Saint-Germain.
E ora nella capitale si disputeranno le partite del Mondiale.
Nel nuovo quartiere di Lusail, dove c’è l’“Iconic Stadium” dove si terrà la cerimonia di apertura e la finale del Mondiale, tutto sarà ecosostenibile. A Lusail è in costruzione una metropolitana leggera, una ferrovia, piste ciclabili e percorsi pedonali. Sarà il primo campionato del mondo a giocarsi d’inverno, il primo in un paese arabo. 15.000 operai hanno lavorato fin dal 2015 perché tutto sia pronto per il fischio d’inizio. All’aeroporto internazionale “Hamad” si potranno accogliere 100 voli ogni ora. Nell’anno del Mondiale potranno transitare 360mila aerei.
Protagonista sarà il calcio che dovrà fare i conti con le temperature costantemente intorno ai 40 gradi e un tasso di umidità tra il 70 e l’80 per cento. Impianti di idratazione sono previsti lungo i percorsi e la temperatura verrà abbassata con refrigeratori anche all’aperto.
E il pubblico? Sarà presente alle partite?
Il Mondiale è ormai alle porte e il piccolo Emirato attende questa vetrina per fare un salto economico e politico. Ma vuole fare anche un salto “d’immagine” e presentare un volto moderno e aperto. Vuole sviluppare il grado di prosperità raggiunto e prolungarlo sulle generazioni future che vivranno in un’epoca post-idrocarburi e in una società che dovrà necessariamente aprirsi.
Riuscirà Doha a diventare la nuova Singapore? (3-fine)