Dall”Io” al “Noi”, così i giovani della generazione “Z”, – i nati dopo il 1996 – dicono addio ai Millenials, e diventano i più influenti al mondo per consumi e orientamenti politici e sociali. Ogni epoca ha avuto i suoi cambiamenti generazionali ma l’accelerazione di oggi è tutta legata ai consumi, alle mode, quindi alla disponibilità economica, alla capacità di influenzare una comunità.
La generazione Z spende ed è molto coccolata dai media planetari, ha i suoi idoli, modelli alternativi e si sente più coinvolta nella disputa sociale, a differenza dei predecessori Millenials considerati più individualistici.
Nel mezzo tra le due generazioni, invece prosperano, ed è il dato più allarmante per l’Italia, i giovani che hanno deciso che non vale la pena impegnarsi in niente, sono i cosiddetti ‘Neet’ (Not in education, employment or training). Siamo primi in Europa per Neet, calcolati in oltre 2 milioni di ragazzi che non studiano, non lavorano e non seguono nessun percorso di formazione professionale.
La Sicilia è al primo posto con il 38.6% della popolazione giovanile. A seguire ci sono Calabria e Campania. I dati arrivano dalla ricerca di Unicef Italia: “Il silenzio dei Neet. Giovani in bilico tra rinuncia e desiderio”. Peggio dell’Italia solo Grecia, Bulgaria e Romania. Quindi riepilogando, seguendo questa mappa sociologica, i Millenials sono i giovani (o ex giovani) nati tra il 1981 e il 1996 – hanno assistito all’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001; e vissuto con la crisi e la recessione economica del 2008 – crisi che ha rallentato sfavorendo carriere e ambizioni, inoltre sono stati a cavallo di diverse tecnologie e quindi non proprio nativi digitali, nel senso che non si sono destreggiati tra biberon e lo smartphone di mamma e papà.
Sui Millenials quindi già cala il sipario, stretti tra crisi economica, esistenziale e le bollette da pagare, si tratta di una fine un po’ triste e ingloriosa viste le tante aspettative dalle “Autostrade informatiche” a “flessibile” è bello. Il sipario, invece, si spalanca per i ragazzi “Z” anzi “Gen Z” i riflettori della grande distribuzione, della moda, delle case discografiche, di produzione di fiction, della pubblicità e innovazioni della rete con le decine di app a loro dedicate.
La “Gen Z” viene descritta come protagonista indiscussa: “il gruppo demografico più influente del pianeta, e che entro il 2020, rappresenterà 2.56 miliardi di individui e conterà il 40% dei consumatori”. Malgrado le iperboli sociologiche e commerciali, la nuova generazione ha pure qualche limite, anche se in tempi di Internet non appare tale, ossia la loro attenzione è al di solo degli “otto secondi”, il tempo necessario per decidere se una cosa piace oppure è da eliminare. Sono bombardati da ogni parte giorno e notte, da informazioni e pubblicità, ed hanno sviluppato un metodo che taglia corto sui tempi.
Il loro interesse, invece, si focalizza nelle serie trasmesse su piattaforme streaming, e possono fare scorpacciate di ore di finction tv che vede la loro generazione replicata nei protagonisti delle serie tv. Il loro amico preferito è infatti lo schermo dove in media passano nove ore al giorno, circa la metà facendo più cose assieme in quanto sono multitasking.
Per i ragazzi non c’è molta differenza tra mondo reale e quello virtuale dove si trovano benissimo. Dalla loro parte hanno una marcia in più, sono infatti raccontati come diffidenti verso la classe dirigente, meno inclini a prendere tutto per scontato, più sovversivi dalle generazioni precedenti e, soprattutto, cosa che a loro piace e che allarma le grandi catene commerciali, possono con un tweet mobilitare un boicottaggio o creare un movimento per una causa a cui credono. Questo il punto inusuale e forse anche politico, a differenza dei poveri Millenials, che hanno creduto di essere con l’Io al centro del mondo, i Z sono per il “Noi”.
La loro abilità sociologica è essere aperti e inclusivi, naturalmente a chi è in sintonia con le loro idee e quelle della loro comunità. In altri versi sono anche il prodotto della globalizzazione, e c’è chi assicura che: “Pensano al Noi in senso globale, non solo al proprio cerchio di amicizie, e sono sensibili al benessere collettivo”.
Più in profondità, per gli analisti dei cambiamenti generazioni, si scopre che la “GenZ” non ha un orientamento sessuale ben definito, e si calcola che solo due su tre ragazzi si considera eterosessuale, in più rigettano che ci sia una divisione netta nei sessi. Sono poi ricercatissimi per i consumi che riescono a indirizzare: influenzano i genitori quasi in tutto, dall’acquisto dell’auto, al cibo, agli elettrodomestici, al vestiario che deve essere comodo ed ecologico. Hanno il pallino di essere imprenditori e puntano su loro stessi pensando di avere idee innovative, che possono concretizzarsi e fare soldi a palate. Nel contempo sono presi dal voler essere “Etici” e lottare per cause come ambiente e libertà personale.
Il capitolo più controverso della “GenZ” è il loro rapporto con Internet e social media: un odio amore. Avvertono che più si è connessi e più si rischia di essere soli e disorientati, che la vita non è solo nei like, così diversificano. Se i social fanno sentire ansiosi, cercano di staccarsene, disconnettendosi, in questo controverso mondo dei “GenZ” infatti c’è chi è stufo della negatività che può scatenarsi online, ed è anche più geloso della propria privacy.
Quindi stop a Facebook (considerato roba passata e per utenti vecchi). Si schermano su sistemi come “Finsta”, finti profili Instagram in cui danno accesso a un numero ristretto di amici e sentono meno pressioni di pubblicare immagini di una vita perfetta. “Una delle piattaforme a cui si rifanno maggiormente i membri della Generazione Z è YouTube. In particolare, osservano con assiduità gli Youtuber, veri e propri maestri di vita e modelli d’apprendimento”, racconta la redazione di PopEconomy la prima multipiattaforma multimediale, ottimizzata per il mobile, che “racconta il mondo dei numeri, dell’economia, del lavoro e del futuro come fosse un luna park”. Forse davvero la vita reale è come la ruota della fortuna dei luna park, quindi allenarsi da piccoli porterà bene da adulti. “La Generazione Z è altruista”, annuncia PopEconomy, “la gran parte vorrebbe fare o fa già volontariato. Lotta per i propri diritti, per quelli degli altri e s’impegna nella difesa dell’ambiente”. A tutti gli altri non resta che incrociare le dita.