Qualche mese fa abbiamo affrontato il difficile tema della frontiera della ricerca e della sperimentazione tecnologica a partire dagli studi sulla Intelligenza Artificiale, che senza regole internazionali e il concetto di “etica” applicata rischiano di trasportarci in un mondo senza più confini. Gli esperimenti già in essere sulla manipolazione della mente a fini militari o su feti in culture in cui la vita è riconosciuta solo alla nascita ne sono solo degli esempi. Un tema complesso e delicato che abbiamo già affrontato con la dottoressa Nicoletta Iacobacci, esperta di etica e tecnologie emergenti, con la quale riprendiamo il discorso all’uscita del suo nuovo libro “L’etica è donna”. Un libro che consigliamo di leggere per le questioni bioetiche che pone e per l’affascinante dialogo che la autrice ha avuto con Sofia, il robot umanoide più avanzato.
Il titolo del suo ultimo libro, “L’etica è donna”, può suonare come una provocazione, lo è?
In parte sì e in parte no. Non sono una femminista, ma ho preso atto che il mondo della tecnologia (e non solo) è fortemente appannaggio degli uomini tanto che le Intelligenze Artificiali sono piene di pregiudizi al maschile, si portano dietro gli errori derivanti dall’inserimenti di dati permeati di una visione univoca. Gli sforzi dei ricercatori, infatti, ora sono concentrati sulla possibilità di rendere le IA senzienti ed empatiche, caratteristiche proprie delle donne, di quella componente, cioè, che manca. Il mio libro è sostanzialmente un invito e un incoraggiamento rivolto alle giovani ragazze perché intraprendano con coraggio la via degli studi steam e prendano parte ai processi innovativi. Il loro contributo è fondamentale.
Lei, infatti, nella prima parte del libro ricerca le origini del patriarcato, di questo scisma tra i generi che ancora sopravvive.
Si, sono risalita fino al neolitico per capire da dove parte la visione dualistica della società. Per poter affrontare la seconda parte del libro, dedicata a dove stiamo andando, verso quale tipo di società, bisognava prima conoscere da dove veniamo.
E a quali conclusione è arrivata, che le donne sono più etiche?
Davanti a ostacolo un uomo è più facile che lo salti, ci passi sopra, la donna è più riflessiva. In ogni caso il fatto che fin qui abbiano avuto poca voce nella creazione delle tecnologie emergenti è una grave lacuna, soprattutto in un periodo storico in cui le intelligenze artificiali e il progresso scientifico e tecnologico inarrestabile anche in campo bioetico rendono indispensabile uno sguardo più inclusivo ed empatico, di cui noi sicuramente siamo più dotate. È necessario dunque un “reboot” culturale che fonda insieme le parti migliori di uomini e donne al fine di creare una società più consapevole, guidata da un’etica senza genere ovvero una etica (anche) al femminile, capace di affrontare con l’intuizione, il buon senso, l’empatia, l’accoglienza, la sensibilità e la collaborazione le nuove sfide poste dalle tecnologie emergenti.
Nella terza parte lei propone una serie di interviste, tra cui una ad un sacerdote, cosa dice la Chiesa degli esperimenti di ectogenesi e del transumanesimo?
La Chiesa, soprattutto i gesuiti, sono molto “vigili”, nel senso di “attenti” e profondi conoscitori di questi cambiamenti. A loro lancio un invito perché sfruttino l’opportunità che gli deriva dalla grande capacità comunicativa e familiarità con la transmedialità. Se non si vuol venire travolti dalle scoperte scientifiche occorre conoscerle anche per formarsi un proprio pensiero critico rispetto a ciò che è giusto e ciò che non lo è. E la Chiesa, con le sue capacità, potrebbe agevolare i processi conoscitivi intergenerazionali.
E veniamo, quindi alla domanda con cui ci siamo lasciati la volta precedente. Se la tecnologia deve essere necessariamente accompagnata dall’etica, chi può stabilire ciò che è etico e ciò che non lo è?
Sicuramente deve esserci una concertazione globale dei Governi, ma è parimenti importante partire dai giovani, cui vanno reinsegnate le basi dell’umanità. Bisogna portare la tecnologia nelle scuole come fanno i cinesi che parlano di Intelligenza Artificiale già dalle elementari. I bambini sono vocati naturalmente a questo tipo di apprendimento, sicuramente meglio di noi adulti, ma il rapporto tra le generazioni deve essere osmotico. Loro insegnano a noi i cambiamenti della società ma noi adulti dobbiamo accompagnarli nella riscoperta del senso di umanità, che, come dicevo prima, si è un po’ perso.
È di estrema attualità la riflessione sulle conseguenze dei social sulle giovani menti, allude anche a questo?
Si, noi siamo già in una dimensione meta-verbale e i ragazzi senza una guida che li aiuti ad orientarsi rischiano di perdersi.