venerdì, 27 Dicembre, 2024
Lavoro

La rivoluzione industriale 4.0 e la cooperazione mondiale

Superare il lavoro-merce e puntare sul lavoro-sociale

Concludo questo lungo viaggio iniziato il 9 settembre

L’insieme dei processi descritti, ben guidati da politiche pubbliche accompagnerebbe il sistema ad una grande qualificazione di tutti gli strumenti sociali, al punto di creare nel tempo una riduzione tendenziale dei costi pubblici e privati.

La qualità del lavoro indurrebbe a una drastica riduzione delle ore lavorate, prospettando 3 ore al giorno per 3 giorni, quindi la vita dei cittadini roterebbe intorno alla cultura e alla socialità, quindi il lavoro a favore della comunità e il volontario crescerebbero, e insieme il tempo da dedicare alle proprie famiglie, alla coltivazione dei propri interessi, alla formazione professionale, all’igiene fisica e mentale, insomma all’umanizzazione della vita civile.

Se questo è vero, parte del sistema economico sarebbe sempre meno fondato sul lavoro-merce e sempre più sulla socialità delle relazioni e sul lavoro-sociale, e questo impegno avrebbe un valore specificamente economico. Indubbiamente una persona che dedica più tempo a queste attività accresce la sua capacità di lavoro sociale, e dedicando maggior tempo alla famiglia aiuta l’organizzazione dei servizi sociali, e se cura la formazione aiuta la flessibilità sociale dell’impresa, e se cura l’igiene fisica e mentale migliora la qualità della vita e, in termini sistemici, riduce i costi pubblici per assistenza e sanità, e così via, creando un circolo virtuoso.

Insisto, se tutto questo fosse vero, perché il lavoro sociale non dovrebbe essere riconosciuto come attività da remunerare dal sistema pubblico?

Ecco che fra qualche decennio, e a tappe intermedie, assumerebbe concretezza l’idea di un reddito di base generale che non combatterebbe soltanto la povertà ma avrebbe il significato di un compenso e di un intervento di giustizia sociale a favore di chi pur essendo operoso non può raggiungere i livelli di maggior gratificazione nello specifico impegno lavorativo, che, essendo di grande qualificazione, richiede doti  particolari di investimento su intelligenza e cultura, mentre i lavori più umili (il lavoro manuale, quello più faticoso, usurante e pericoloso, ecc.) questo tipo di gratificazione non la raggiungono.

Concludo. La rivoluzione industriale 4.0 ha cambiato e continuerà a cambiare profondamente gli scenari globali del pianeta, delle società nazionali, degli apparati industriali, del rapporto economia/scienza/tecnologie, degli assetti di potere statuale. L’onda d’urto è lunga, essa crea e creerà conflitti, a partire dalle tensioni occupazionali e dagli squilibri fra società a sviluppo maturo e società ad alto tasso di crescita. Soltanto una politica di pace e di cooperazione mondiale potrà indirizzare il futuro globale nella giusta direzione, una grande occasione per un grande salto di civiltà.

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