Da qualche tempo si è diffusa l’idea di assicurare uno <<sviluppo sostenibile>>; con la quale espressione si intende alludere al fatto che lo sviluppo economico debba essere compatibile, o meglio, rispettare una molteplicità di valori, tra i quali acquista rilievo il valore dell’ambiente. La tutela di tale valore si può, in qualche misura, desumere dall’art. 9 della Costituzione; ma soluzioni più dirette ed esplicite sono allo studio della classe politica, prova ne sia che il concetto di <<sviluppo sostenibile>> ha fatto il proprio ingresso in un disegno di legge di modifica costituzionale.
La nozione di <<sviluppo sostenibile>>, tuttavia, appare risalire al 1987, allorché la Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo economico (WCED) richiamò tale concetto nel rapporto Brundtland , dal titolo <<Our Common Future>> (Report of the World Commision on Environment and Development, Our Common Future 1987). Secondo la Commissione, lo <<sviluppo sostenibile>> postula l’esigenza che il soddisfacimento delle esigenze delle generazioni presenti si realizzi senza danneggiare le aspettative delle generazioni future.
Il concetto di <<sviluppo sostenibile>> finisce così per ruotare intorno a due postulati fondamentali: da un lato, l’equità intra-generazionale, ossia l’esigenza di soddisfare anche le necessità del <<mondo povero>>, migliorandone le condizioni di vita; dall’altro, l’equità inter-generazionale, che postula l’esigenza di limitare lo sfruttamento -e, dunque, tutelare- del bene ambiente , onde evitare che le generazioni future siano danneggiate.
L’ambiente, bene comune
La rilevanza del bene ambiente, la cui tutela deve essere funzionale ad assicurare alle generazioni future condizioni di vita normali, emerge anche dalla Dichiarazione sulle responsabilità delle generazioni presenti verso quelle future dell’UNESCO, sottoscritta a Parigi il 12 novembre 1997.
La Dichiarazione dell’UNESCO insiste sulla responsabilità delle generazioni presenti, sulle quali incombe l’obbligo di trasmettere alle generazioni future un pianeta non irrimediabilmente danneggiato a causa dell’attività umana, sulla quale grava anche il dovere di sfruttare le risorse naturali in maniera ragionevole (art. 4). Nel contempo, nella Dichiarazione le generazioni presenti vengono invitate ad impegnarsi per uno <<sviluppo durevole>>, onde assicurare, anche per il futuro, condizioni di vita buone. In particolare, la tutela dei valori della qualità e dell’integrità dell’ambiente dovrebbero essere funzionali a scongiurare l’eventualità che le generazioni future siano esposte ad inquinamenti e, più in generale, a danni ambientali, tali da mettere in pericolo la loro salute e la loro vita (art. 5). La Dichiarazione, inoltre, sottolinea l’esigenza di preservare alle prossime generazioni le risorse naturali necessarie al mantenimento della vita ed al suo sviluppo sul pianeta, e nello stesso testo viene sottolineata la necessità di valutare le possibili conseguenze che le decisioni assunte dai vari paesi avranno in futuro (art. 5).
La sostenibilità, che si desume dal testo della Commissione, sembra potersi intendere come un processo socio-ecologico, che appare animato da un ideale, che non può che essere comune e che si identifica con l’esigenza di tutelare l’ambiente nell’interesse della sopravvivenza della vita sul pianeta.
Orbene, è molto improbabile che il valore dello <<sviluppo sostenibile>>, possa essere tutelato –come talvolta si crede- da movimenti che partano dal basso (popolo, enti privati). Allora vi è da chiedersi: quali contenuti dovrebbero avere i futuri interventi a tutela dell’ambiente ? La risposta a tale quesito, probabilmente, va ricercata analizzando sia il contenuto che la tipologia dei futuri interventi.