“Credo sinceramente che il Regno Unito non sia un paese corrotto”. Parola di Boris Johnson. Il Primo Ministro britannico ha risposto pubblicamente, di fronte alla stampa internazionale presente alla COP26, alle accuse piovute in patria nell’ultima settimana sull’operato del suo governo e la condotta dei deputati Conservatori.
L’antefatto
Due settimane fa, il deputato Conservatore Owen Paterson è stato trovato colpevole di lobbying a pagamento. La Commissione Parlamentare sugli Standard dei deputati della Camera dei Comuni – commissione composta anche da membri laici e indipendenti – ha evidenziato come Owen Paterson abbia utilizzato la propria carica di deputato per favorire gli interessi economici di due aziende per cui lavorava, sollecitando incontri con alcuni ministri per avvantaggiare queste aziende.
La commissione, dunque, aveva proposto la pena della sospensione di trenta giorni per Paterson. Johnson, per tutta risposta, aveva ordinato ai suoi deputati di mettere in atto un piano last-minute per salvare il collega: introdurre alla Camera un emendamento che avrebbe cambiato retroattivamente le regole sulla procedura di appello per i deputati condannati dalla Commissione.
L’emendamento è passato. Ma la reazione dei media e dell’opinione pubblica è stata feroce. Il governo è stato accusato di corruzione e il leader Laburista Starmer ha affermato che Johnson stava “guidando il partito attraverso le fogne, e il fetore rimane”. In quarantotto ore Johnson ha fatto marcia indietro, una inversione a U come la chiamano gli inglesi, l’ennesima del suo governo, e ha ritirato l’emendamento. Poco dopo Paterson ha presentato le sue dimissioni.
Il Secondo Round
Una settimana dopo le dimissioni di Paterson, con il Paese ancora sotto shock, è uscita la notizia che un altro deputato Conservatore, Sir Geoffrey Cox, ex ministro della giustizia, è accusato anch’egli di condotta impropria. Cox avrebbe utilizzato il suo ufficio alla Camera per svolgere incontri privati di consulenza legale. Il governo Johnson viene così travolto da una seconda ondata.
Il fronte Laburista
L’unico vincitore, in senso politico, di questo scandalo è il leader dell’opposizione Keir Starmer. Il partito Laburista sotto la sua guida sta crescendo nei sondaggi e Starmer, abile oratore dai trascorsi come Procuratore Generale, sta plasmando il partito a sua immagine. Un’immagine di onestà, competenza, e pragmatismo. Molti vedono in Starmer un nuovo Tony Blair. Il partito si scrolla di dosso l’estremismo e il vecchiume dell’ex leader socialista Jeremy Corbyn e cerca di replicare il modello vincente del New Labour di Blair e Brown.
1922
Boris Johnson appare circondato: a Westminster da un Parlamento sempre più ostile; e nel Paese da un elettorato sempre più deluso e oltraggiato. In questi casi la storia insegna che il partito Conservatore non va molto per il sottile. Quando si tratta di proteggere la propria credibilità politica, la prima vittima sacrificale è sempre il Primo Ministro.
Chissà se il potente comitato 1922, composto dai deputati conservatori che non fanno parte del governo e dirigono la linea del partito, non stia pensando ad un nuovo inquilino per il numero 10 di Downing Street. Johnson è avvisato.