Le prime mosse di Renzi come capo del neonato partito Italia Viva hanno irritato il presidente del Consiglio che sente quotidianamente il fiato sul collo da parte di un alleato che non ha l’aria di voler stare tranquillo.
Conte ha reagito stizzito ma forse dovrebbe fare qualcosa di più.
Il Governo Conte 2 è nato dopo una trattativa che faceva perno su Pd e 5stelle con il sostegno di Leu. Renzi un mese fa era ancora membro del Pd. La sua improvvisa uscita dal Pd e la fondazione di un nuovo partito hanno creato di fatto un cambiamento nella maggioranza di Governo.
Si è passati da coalizione a due ad una a tre. Ma il terzo partito non ha “firmato” nessun accordo di governo con Conte, semplicemente perché quando Conte ha sciolto la riserva e si è presentato alle Camere Italia Viva non esisteva.
Si può con tutta franchezza affermare che il patto di governo è stato sottoscritto da Zingaretti e Di Maio ma non da Renzi, anche se Renzi ha votato la fiducia in quanto allora membro del Pd.
Conte farebbe bene a riflettere su questo passaggio che, anche dal punto di vista formale-istituzionale, non è di poco rilievo
Quando cambia la maggioranza, un Governo deve ripresentarsi alle Camere e chiedere un nuovo voto di fiducia, non può far finta di niente.
Conte finora non lo ha fatto ma ora è giunto il momento di procedere a questo passo formale proprio per rispetto al Parlamento: in ciascuna delle due Camere esiste un nuovo gruppo parlamentare che non ha partecipato alle consultazioni al Quirinale né alle trattative per formare il Governo. Quindi, è assolutamente necessario che il Governo verifichi con un voto motivato di fiducia se questo gruppo parlamentare intenda o meno sostenere l’esecutivo.
Si dirà, ma Renzi ha sempre proclamato che non vuol far cadere il Governo. La democrazia ha delle regole che vanno rispettate. Il voto di fiducia al Governo non si esprime sui giornali o sui social network, ma in Parlamento.
L’iniziativa, ovviamente la deve prendere Conte che deve presentarsi a Montecitorio e a Palazzo Madama e chiedere un voto di fiducia. Ma quando e su che cosa?
Il Presidente del Consiglio, all’indomani dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri della legge di Bilancio, dovrebbe andare in Parlamento, illustrare i contenuti specifici della Legge di Bilancio e inserirli nel quadro della politica generale del Governo e su questo chiedere un esplicito voto di fiducia. Ovviamente il voto non riguarderebbe gli articoli della legge, che devono seguire il normale iter di approvazione, ma il suo impianto generale.
È scontato che i gruppi renziani voterebbero la fiducia ma in questo modo assumerebbero un impegno in Parlamento a sostenere una specifica politica del Governo, e per coerenza, dovrebbero evitare comportamenti in contrasto con questo voto di fiducia.
Il suggerimento che diamo a Conte mira ad evitare lo stillicidio quotidiano: una volta ottenuto il voto di fiducia sulla politica generale e in particolare sullo schema della politica di Bilancio qualsiasi polemica strumentale da parte di Renzi potrebbe essere messa a tacere. Conte potrebbe sempre replicare senza stizzirsi: mi avete dato la fiducia su questa linea e io seguo questa linea quindi se mi criticate siete voi in contraddizione con voi stessi.
Qualcuno dirà che Renzi comunque farebbe di testa propria anche dopo l’eventuale voto di fiducia. È molto probabile, ma almeno se ne assumerebbe tutte le responsabilità, con quel che ne consegue.
L’Italia è abituata a coalizioni di Governo in cui all’interno della maggioranza c’è anche una forza che fa opposizione al Governo che sostiene. Ma smascherare questi giochi fa bene alla democrazia.