lunedì, 23 Dicembre, 2024
Società

Famiglie e ceto medio, l’ombra del fallimento

“In Italia si è registrato un incremento delle famiglie fallite per debiti pari al 33%”.
Famiglie sempre più in crisi, “vampirizzate” dal fisco, messe alle corde dalla mancanza di lavoro per i figli, dagli incentivi per l’assistenza dei componenti anziani. Dalla sfiducia verso l’alternanza di governi che alla fine propongono solo una ricetta: quella di far pagare i costi a chi non può sfuggire ad un nulla della burocrazia opprimente, e quindi al carico di bollette, fisco e sanzioni. In pochi, – quando bisogna mettere le mani in tasca alle famiglie italiane -, ricordano il recentissimo dato della Consulta Nazionale Antiusura che dovrebbe far impallidire: nei dieci anni della crisi economica in Italia si è registrato un incremento delle famiglie fallite per debiti pari al 33%.

Nei calcoli della Consulta: “si tratta di circa due milioni di nuclei finiti in fallimento tecnico per debito”. Negli ultimi otto anni sono state inoltre vendute all’asta 527mila unità immobiliari: “Un fatto che ha portato alla miseria di altrettante famiglie”. A cercare di dare un aiuto alle famiglie è la stessa Consulta Nazionale Antiusura, – ente socio assistenziale della Conferenza episcopale italiana -, formato da 32 fondazioni, collegate alle Diocesi e alle Caritas territoriali, che da 24 anni riescono ad offrire, in modo capillare, il loro servizio alle famiglie strozzate dai debiti.

“Lo scivolamento verso l’insolvenza e l’usura di famiglie appartenenti alla classe media e la mancata applicazione dell’articolo 14 (legge contro l’usura) alle persone fisiche, sono le due emergenze indicate al “Vatican News”, da Maurizio Fiasco, Consulente della Consulta nazionale antiusura.

“Ci due problematiche principali. Una è lo scivolamento nell’insolvenza cronicizzata, quindi nel fallimento economico, anche di famiglie fino a pochi anni fa in perfetto equilibrio”, spiega Fiasco, “quindi famiglie non necessariamente poverissime o che hanno contratto rapporti con credito illegale. E questo è un tema generale dell’Italia: c’è stato un aumento del 53% dei casi di famiglie con insolvenze irreversibili. L’altro, sono le  modalità di usura che richiederebbero anche la denuncia penale ma questo passaggio è frenato dal fatto che l’art. 14 della Legge antiusura non si applica alle persone fisiche, cioè non si applica a una famiglia che ha ricevuto un prestito di sussistenza oppure si è indebitata”. Le opere di aiuto verso le famiglie della Consulta e Diocesi, al contrario, sono concrete.

“Ogni anno”, rivela il consulente della Consulta, “sono circa 8 mila le famiglie che vengono seguite. Sembra una goccia in un mare, ma è una goccia che si vede, una goccia che mostra che è possibile fare qualcosa. E allora non si capisce perché questa responsabilità non venga condivisa su una scala generalizzata. Se è possibile agire, non si può accettare che non si agisca”. Nel contempo i disagi delle famiglie cambiano natura e si fanno più drammatici.

“Un identikit che si è molto diversificato nel corso degli anni. Inizialmente, con l’opera pastorale di padre Massimo Rastrelli (scomparso lo scorso anno ndr) noi scoprimmo il debito come prestito di sussistenza, quindi le famiglie povere. Ma adesso riguarda anche il ceto medio, ne sono coinvolti anche molti pensionati che si sono indebitati e rischiano l’usura o addirittura coprono debiti usurari dei loro congiunti perché nella famiglia non c’è ricambio nell’afflusso di reddito; insomma, per capirsi, la famiglia-tipo che si regge grazie all’apporto del pensionato convivente e che contiene un ultratrentenne senza lavoro è un caso ricorrente, nelle attività delle fondazioni”. Se i governi fanno finta nulla anzi per beffa si proclama la “fine della povertà”, a occuparsi del clima negativo sono anche le associazioni di categoria imprenditoriali come la Confesercenti che vede nelle piccole e medie imprese e nelle famiglie il motore e il nucleo del Paese, cartine al tornasole di produzione e consumi, che illustrano bene lo stato dell’arte della Nazione.

“L’ombra della recessione spaventa famiglie e attività economiche”, scrive la Confesercenti analizzando i dati dello scorso mese, “un quadro di crescente preoccupazione per il futuro e diffuso pessimismo. In particolare tra le imprese, che nel 2019 hanno registrato, in media, i livelli di fiducia più bassi degli ultimi tre anni. Ma l’ondata di incertezza coinvolge anche i consumatori, e se non sarà risolta rischia di avere seri contraccolpi sulla domanda interna, sugli investimenti e sulle assunzioni”. Confesercenti analizza anche i dati Istat che segnalano come la sfiducia sia ormai entrata nelle case degli italiani e nelle imprese.

“La maggior parte degli indicatori di fiducia segnano un arretramento: il clima complessivo delle imprese vede un peggioramento di -2,3 punti, per il piccolo commercio la variazione è di -3,1 e perfino il turismo – nonostante la stagione estiva – subisce un calo di circa 3 punti”, osserva l’associazione degli esercenti, “mentre i consumatori registrano una flessione di 1,5 punti. A pesare, in primo luogo, sono le anticipazioni negative sulla crescita dell’economia italiana, rese ancora più preoccupanti dall’instabilità politica e dalle incertezze sulla futura legge di bilancio”. Il clima di pessimismo, in assenza di decisioni chiare e incisive, per la Confesercenti, determinerà per i prossimi mesi un ulteriore caldo dei consumi.

“Il rischio è che l’incertezza si tramuti dunque in una nuova gelata dei consumi, che aggraverebbe ancora la condizione del piccolo commercio, che già vede sparire circa 14 imprese al giorno”, segnala la Confesercenti, “un triste bilancio che potrebbe peggiorare ulteriormente per gli effetti del calo di fiducia. Una crisi strutturale, per cui abbiamo già chiesto di aprire un tavolo: serve un piano di rilancio per evitare che un pezzo importante della nostra economia sparisca per sempre. Non è un problema dei soli commercianti: la tradizionale rete di vendita aiuta a dare identità ad un luogo e rende maggiormente attrattive le aree urbane, per le quali è un settore economicamente significativo, che contribuisce a produrre reddito locale e occupazione”.

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