martedì, 24 Dicembre, 2024
Esteri

A Frozan, donna afghana vittima dei Talebani

Frozan Zafi, donna afghana, docente universitaria ed economista ventinovenne è stata uccisa. Era scomparsa il 20 ottobre scorso, ed il suo cadavere fino a questo momento non era stato ancora identificato, ritrovato insieme con quelli di altre tre attiviste, uno accanto all’altro all’interno di una casa; fino a che la sorella non ne ha riconosciuto gli abiti perché – secondo le sue parole – “i proiettili le avevano distrutto la faccia”, nell’obitorio di Mazar-i-Sharif nel nord dell’Afghanistan. A riportare quanto accaduto un portavoce dei talebani, Qari SayedKhosti.

LE TORTURE DEGLI ESTREMISTI

“Gli estremisti hanno condotto un giro di vite in gran parte violento sul dissenso, picchiando le donne con bastoni elettrici e detenendo e torturando i giornalisti che seguono le proteste nazionali da parte delle donne che chiedono il ripristino e la protezione dei loro diritti.” Riferisce Zahara, organizzatrice di proteste, al The Guardian. E, nella più completa afflizione, non posso che rivolgere una preghiera per queste mie sorelle: così forti e resistenti – perché non possono permettersi di essere altrimenti.

STRANIERE IN PATRIA

Infatti, è spesso il dolore più colossale, l’abisso a chiamare la necessità di rivolta. Che poi questo bisogno conduca ad una svolta o alla fine, talvolta è quasi indifferente. E non certo perché siano indifferenti la vittoria o la liberazione – né tantomeno lo è lo spirito di resistenza – ma per tutto il dolore nauseabondo ed intollerabile che tutte le donne afghane sono abituate a sopportare. Se – come per Seneca – “saldo e forte è solo l’albero che subisce il frequente assalto del vento” mi chiedo quanto siano ed ancora debbano essere forti queste donne. Quanto ancora riusciranno a sopportare. Quanto, di abitare una casa che non è la loro: di essere straniere nella loro patria; Naguib Mahfouz scriveva che “Casa non è dove sei nato. Casa è dove cessano tutti i tuoi tentativi di fuga” E coloro che non possono o non vogliono scappare, pagano con la vita.

COME “1984” DI GEORGE ORWELL NEL 2021 IN AFGHANISTAN

Eppure le donne continuano nella loro perpetua lotta al potere: a quel genere di potere oggettificato da un’autorità programmaticamente orientata ad imporre un “linguaggio inadatto all’espressione delle potenzialità critiche del pensiero” – così come lo descrisse Orwell nel capolavoro “1984” – “Winston, come fa un uomo a esercitare il potere su un altro uomo? – Winston rifletté – Facendolo soffrire, rispose”. Per comandare dunque – come si evince – bisogna assuefare ed addestrare la mente del popolo a sopportare, alla sudditanza più cieca e totale. Quello che le donne in Afghanistan continuano a non fare.

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