mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Cultura

Luce ed armonia: il bello che segna il trionfo della vita

Viaggio tra le arti e l'elevazione dello spirito umano

L’arte e gli artisti non sono solo testimoni della fede e della Chiesa, ma introducono elementi per fissare i temi di fede.

Facciamo un salto all’indietro. Siamo agli inizi del Rinascimento. Piero della Francesca nella Madonna di Senigallia conservata ad Urbino raffigura la Vergine con il bambino. La luce filtra dalla finestra a sinistra, una luce che addirittura lascia intravedere la polvere illuminata dai raggi, si orienta sul bambino e la madre. Un bambino raffigurato già adulto. Il pittore conferisce una maestà al Cristo anche definendone le fattezze più mature. La luce guida la lettura dell’opera e orienta lo sguardo di chi la osserva.

L’uso della luce entra nell’arte di prepotenza con Caravaggio.

Una luce che nella Vocazione di san Matteo, conservata nella cappella Contarelli di san Luigi dei francesi a Roma, accompagna la mano del Cristo e arriva su Matteo, l’esattore della tasse, interrogato da quel gesto. Cristo è con Pietro. Il principe degli apostoli non compare nel racconto dei Vangeli ma Caravaggio lo aggiunge lasciando un potente messaggio: Cristo è con Pietro, la Chiesa è il tramite della chiamata, intermediaria tra Dio e gli uomini,

La mano è la stessa della Sistina, quella di Dio che sfiora Adamo, omaggio a quell’altro Michelangelo che il Merisi considera il maestro, ma la luce non arriva dalla finestra, la fonte è nascosta: è una luce divina.

La luce domina la fede, l’arte, la letteratura (Lucia è il nome della protagonista nei “Promessi sposi”), la cronaca (Aldo Moro nella lettera mandata dalla prigione delle Br alla moglie, l’ultima prima dell’uccisione, dice, consapevole della morte imminente:

“Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come si vedrà dopo.

Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo“….).

Neumann, il grande umanista inglese, nel 1833 è un giovane inglese alla ricerca della verità che fosse capace di illuminare il cuore e la vita.

Sulla nave che lo porta dalla Sicilia a Napoli, nel suo primo viaggio in Italia, la nebbia che scorge gli appare una sorta di metafora della condizione umana, figura di tutti noi che nella scarsa visibilità dell’orizzonte cerchiamo un senso alla vita:

“Lead Kindly Light…. Guidami, luce gentile, tra la nebbia che mi circonda, guidami tu! Buia è la notte, lontana la casa… guida i miei passi; non voglio vedere l’orizzonte lontano; un passo alla volta è sufficiente per me”.

Gli artisti utilizzano la luce e la mano che guida la luce in Caravaggio diventa la mano che indica Cristo in Grunewald.

Andiamo nel tormento della morte, nella pittura del nord che spoglia con la Riforma le chiese dalle immagini sacre ma affronta la bestemmia della morte di Dio. Il Battista indica Gesù in croce. Anche lui ha la mano che guida lo sguardo al centro della scena: il dito è smisurato perché vuole richiamare subito gli occhi di chi osserva (è Lui, sulla Croce, colui che dovete guardare, sembra dire l’artista). Sentiamo riecheggiare il Vangelo (“verrà uno dopo di me…”). Tutto è teologicamente studiato, con un intento didattico e tragicamente consolatorio rivolto ai malati che il monastero di Isenheim ospitava.

L’arte conduce dunque a Dio e l’artista è tramite di questo viaggio.

ANCHE LA MUSICA È BELLEZZA

Facciamo un salto rimanendo sempre nel nord ma ci spostiamo in Austria, alla ricerca di quel genio assoluto di Mozart.

Nel 1770 Mozart ha solo 14 anni ma è già conosciuto come una precoce stella della musica; viaggia con il padre in giro per l’Europa alla ricerca di stimoli nel completamento di una conoscenza musicale già imponente.

Nella settimana santa di quell’anno è a Roma. Non vuole perdere quello che è l’evento musicale della Settimana di Passione. Il “Miserère” composto da Gregorio Allegri e rappresentato a luci spente nella cappella Sistina. Il Miserère (tratto dal salmo 50) è un testo sostanzialmente semplice, ripetitivo, (Miserère mei, Deus, secùndum magnam misericòrdiam tuam….) ma Allegri l’ha trasformato con virtuosismi fino ad allora sconosciuti in una musica celestiale. È così famoso che il papa ha proibito la sua trascrizione… deve rimanere a disposizione del pontefice, in quel luogo, non poteva né essere copiato né essere diffuso… i pochi spartiti erano conservati alla Sistina, sotto chiave.

La sera del mercoledì santo del 1770 Mozart si fa accompagnare da suo padre nella cappella papale, ascolta la musica e tornato nella stanza dove era alloggiato, la trascrive a memoria. Il giorno dopo tornerà e, con lo stesso comportamento, apporterà solo qualche breve correzione.

La bellezza della musica che commuove, edifica, converte.

(Per inciso: il Papa verrà a conoscenza dell’impudenza del giovane Mozart; ma non sarà punito perché lo stesso pontefice si mostrò impressionato da tanta perizia).

Dieci anni dopo (1780) Mozart compone i Vespri solenni del Confessore, K 339. Mozart non era particolarmente religioso, anzi in quegli anni stava cercando di affrancarsi dal vescovo di Salisburgo (e torniamo alle committenze che la storia religiosa ha così largamente distribuito incidendo sull’arte, sugli artisti e sulla musica ). Nel “Laudate Dominum” Mozart ci porta nell’incanto amoroso, sembra una serenata di Schubert. Ma è nel “Magnificat” conclusivo, quando irrompe il coro con imperiosi intervalli di voce che Mozart afferra il concetto centrale del testo : la dichiarazione di fede, il “fiat”, e lo rende strumento musicale perfetto.

La bellezza è tramite di fede. (2 -continua- La prima parte è stata pubblicata il 28 ottobre)

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