“In una società in cui, per convenzione, si diventa anziani tra i 65 ed i 67 anni, vale a dire nel momento in cui si esce dal mercato del lavoro, bisogna innescare delle pratiche per agevolare l’invecchiamento attivo”. A parlare è Enzo Costa, presidente nazionale dell’Auser, associazione di volontariato e di promozione sociale diffusa su tutto il territorio, impegnata a favorire l’invecchiamento attivo degli anziani ed a valorizzare il loro ruolo nella società.
Presidente, quale è il ruolo degli anziani nella società italiana?
“Assolutamente marginale e si tratta di un errore madornale, specie se si considera che il 21,5 per cento della popolazione ha almeno 65 anni. Questo significa che, al momento, la proporzione è di un anziano su cinque, ma tra non molto arriveremo a tre su cinque. Non si può marginalizzare una componente così importante della società. L’anziano, poi, se non coinvolto, gradatamente si autoesclude. E qui subentrano ulteriori processi che, sia a livello personale che comunitario, hanno dei costi altissimi, perché, di fatto, sorge la depressione e si accelera la non autosufficienza”.
Cosa si può fare per invertire la rotta?
“In una società in cui, per convenzione, si diventa anziani tra i 65 ed i 67 anni, vale a dire nel momento in cui si esce dal mercato del lavoro, bisogna innescare delle pratiche per agevolare l’invecchiamento attivo”.
In che cosa consiste l’invecchiamento attivo?
“Qualcuno lo intende come un modo per tenere le persone legate al lavoro fino a 70 anni. Che è sbagliatissimo. Specie se si tratta di impieghi pesanti. Ci vorrebbero, al contrario, politiche graduali di non attività, ma nel nostro Paese non ci sono”.
E quindi?
“Per noi invecchiamento attivo significa utilizzare le competenze di queste persone per attività di interesse generale. Lo facciamo da 30 anni: mi riferisco ad attività di volontariato, di tutela di beni comuni, ecc. C’è sempre un arco della vita in cui si può dare qualcosa. Ovviamente si tratterà di attività leggere, che consistono in servizi non remunerati che gratificano le persone. E qui entriamo un’altra sfera che non è quella dell’economia monetaria ma dell’economia sociale”.