mercoledì, 18 Dicembre, 2024
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L’inflazione cresce? Meno depositi più investimenti

Il gas naturale ed il petrolio, con l’impennata dei loro prezzi, hanno contribuito in maniera decisiva al rialzo dell’inflazione. Solo negli Usa, secondo le ultime rilevazioni, è salita del 5,3% su base annua.

L’Eurostat ha diffuso il dato preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo in area euro a settembre 2021. L’inflazione ha registrato un incremento annuale del 3,4%, dopo il +3% del mese precedente e dopo il -0,3% dello stesso mese dell’anno precedente. Secondo la stima flash di Eurostat il tasso è salito al 3% ad agosto, in aumento dal 2,2% di luglio. A pesare soprattutto l’energia (15,4%, rispetto al 14,3% di luglio), seguita dai beni industriali al netto dell’energia (2,7%, rispetto allo 0,7% di luglio), alimentari, alcolici e tabacco (2%, rispetto all’1,6% di luglio) e servizi (1,1%, rispetto allo 0,9% di luglio). Il tasso più elevato è in Estonia (5%), Lituania (4,9%) e Belgio (4,7%). In Italia è a 2,6%.

 

L’enorme liquidità sui conti correnti

In Italia sono posteggiati sui conti correnti circa 1,745 miliardi di euro; nel 2020 erano 1.584 miliardi. Il dato è in crescita, complice il Covid che ha inevitabilmente ridotto le occasioni di spesa e aumentato l’incertezza sul futuro, facendo accumulare ricchezza non sotto al materasso ma in banca.

Secondo l’ultimo report dell’Abi, che ha elaborato i dati di Bankitalia, il tasso di incremento annuo dei depositi delle famiglie è in crescita, con un netto +10,2% messo a segno nel mese di febbraio. Se alla somma dei conti correnti, si aggiunge anche quella delle obbligazioni, il totale supera i 1.900 miliardi di euro. Una cifra enorme che sta diventando un peso per le banche, costrette a pagare il costo dei tassi negativi per il deposito della liquidità presso le banche centrali.

La tassa occulta dell’inflazione

L’inflazione è seguita sempre con attenzione dagli analisti in quanto un aumento dei prezzi su base annua, potrebbe spingere le banche centrali a rivedere i tassi di interesse, alzandoli e, quindi, interrompendo la politica ultra espansiva che hanno adottato finora per sostenere la ripresa. Se l’inflazione aumenta, cala il valore della liquidità di conto. Come riportato da Financialounge.com in un interessante articolo, ai valori attuali, 20mila euro depositati nel 2020, diventerebbero 19.839,60 euro alla fine del 2021. Chi mettesse in banca 20mila euro oggi e li lasciasse fermi per 10 anni, nel 2031 quando andrà a ritirarli si troverà solo 16.178,04 euro.

 La differenza tra paura e prudenza

Molto spesso, in ambito finanziario, si scambia la paura per prudenza. Attraverso la prudenza si ponderano le decisioni più “corrette” da un punto di vista razionale, si valutano i proprio obiettivi, le proprie possibilità, e si mettono in sinergia con il tempo e il grado di diversificazione più adatto al proprio profilo di rischio. In sintesi, i risparmi diventano un mezzo per raggiungere i nostri “obiettivi” concreti. Con la paura si rimane immobilizzati, e molto spesso il non decidere equivale a decidere nel senso più spregiudicato del termine: si lascia decidere al caso, si rimane in attesa di un “domani” che verrà.

Secondo le stime del Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook 2020,  le opportunità di investimento mancate in azioni globali, per esempio, nel corso degli ultimi 120 anni, peserebbero per il 5,2%, contro il 2% delle obbligazioni e lo 0,8% dei titoli di Stato a breve termine. Negli ultimi 10 anni il rendimento delle azioni globali (dedotta l’inflazione) ha registrato un +7,6% medio annuo, rispetto ad un rendimento reale delle obbligazioni pari al +3,6%.

 

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