Proteste estremamente rare e coraggiose sono scoppiate in città egiziane alcuni giorni fa, con manifestazioni contro la corruzione.
Le accuse di corruzione riguardano il leader egiziano Sisi che avrebbe sottratto fondi pubblici per uso privato, costruendo palazzi presidenziali, proprietà di alto livello e persino una tomba per sua madre defunta, mentre il popolo egiziano lotta con le necessità di base.
Il dittatore egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha tentato di reprimere ogni opposizione politica e sociale utilizzando ogni mezzo a sua disposizione, perfino superando il livello di repressione esercitato dal suo predecessore Hosni Mubarak.
L’esercito egiziano rimane il potere economico e politico dominante nel paese, ma le proteste hanno riguardato principalmente Sisi e non i militari, almeno finora.
In Egitto, la corruzione sistematica e massiccia su una scala difficile da sopravvalutare è stata a lungo un punto fermo di governi oppressivi, da Mubarak a Sisi. Da quando ha preso il potere nel 2014 dopo un colpo di stato militare, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha consolidato il potere estinguendo quasi tutta l’opposizione politica e sociale ben al di là di qualsiasi azione durante il lungo regime di Mubarak. Sisi ha commentato le critiche a se stesso come tradimento nei confronti del governo e ha arrestato o intimidito migliaia di giornalisti e attivisti per garantire che non vi fossero alternative credibili al suo governo. Il playbook del despota rimane tanto efficace quanto logoro: ogni opposizione è considerata illegittima. Tale opposizione è guidata dai Fratelli Musulmani – che Sisi ha decretato un’organizzazione terroristica – o influenzata da intromissione di entità straniere.
Rischiando la vita, centinaia di coraggiosi egiziani sono scesi in strada per impegnarsi in proteste pubbliche alcuni giorni fa, in piazza Tahrir al Cairo, dove una volta centinaia di migliaia di manifestanti hanno chiesto e ottenuto l’eliminazione del dittatore di lunga data Hosni Mubarak, gli egiziani hanno protestato contro la corruzione dell’attuale sovrano del paese, cantando “Sisi deve andare via”. Le città di Alessandria e Mahalla el-Kubra si sono uniti alle proteste a cui la polizia e le forze di sicurezza hanno risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma e hanno arrestato dozzine di manifestanti. Già il 21 settembre scorso centinaia di manifestanti avevano protestato a Suez. I media statali hanno ignorato le proteste e i siti di notizie straniere come la British Broadcasting Corporation (BBC) sono stati temporaneamente bloccati per fermare la diffusione di notizie sulle rarità delle manifestazioni.
Sotto Sisi, il governo egiziano ha tentato di limitare la società civile, mentre i militari hanno condotto una campagna di controinsurrezione draconiana, in gran parte senza successo, nel Sinai contro un’affiliata del cosiddetto Stato islamico. Le vittime civili e i danni collaterali sono aumentati, mentre ISIS Sinai continua a crescere in forza. Gli egiziani sono frustrati dall’attuale stato economico del paese più in generale e da Sisi in particolare. Le proteste sono un segno di sfida pubblica in gran parte inaudita sotto la sorveglianza di Sisi. Le proteste sono scoppiate quando i video che descrivono dettagliatamente la corruzione nell’esercito sono stati diffusi dall’attore e uomo d’affari egiziano Muhammad Ali, che una volta aveva svolto un contratto per alcune costruzioni per conto dell’esercito prima di partire per l’esilio autoimposto in Spagna. I video descrivono in dettaglio la corruzione in vari progetti militari che includevano anche la realizzazione di hotel di lusso in un momento in cui in Egitto vigono misure di austerità che lacerano le comunità più povere del Paese e ne favoriscono i più potenti. I prezzi del cibo sono aumentati a dismisura mentre le statistiche ufficiali indicano che oggi il 33% degli egiziani vive al di sotto della soglia di povertà.
Dalla Spagna, Ali ha nei scorsi giorni ha fomentato una massiccia protesta di una marcia di un milione di uomini che si è tenuta ieri, ma non è chiaro né il numero di egiziani che sono scesi in piazza né quale sia stata la reale risposta del governo. Comunque la violenza estrema da parte delle forze di sicurezza egiziane non è certo una speculazione oziosa dei media: nell’agosto 2013 le forze governative hanno ucciso centinaia di manifestanti nella piazza Rabaa al-Adawiya del Cairo. Il governo non ha usato per ora, almeno pare,una forza letale contro le attuali proteste, ma ciò potrebbe cambiare se il regime percepisse che c’è un disegno più preciso dietro le proteste ben oltre un semplice “sfogo”.