mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Considerazioni inattuali

Il tuffo nel pieno

“Devo essere una sirena. Non ho paura della profondità e ho una gran paura della vita superficiale”: così Anaïs Nin ne Le quattro stanze del cuore. Un’attitudine che di solito consideriamo paradossale, quando invece il vero paradosso denso d’insignificanza si crogiola nella superficialità; perché la superficie delle cose è vuota, come lo strato superiore della pelle: quella pellicina trasparente che si sbuccia, si sfalda, si ricrea ed è necessaria per una protezione dell’epidermide ma non ne è certo l’essenza; la protegge appunto in superficie, la custodisce ma da sola non può sussistere, non può reggere.

La profondità che salva

Se dovessi dipingere questa vicinanza necessaria tra opposti, lo farei tramite l’allegoria di un tuffo: quello nel mare più profondo, preceduto da un lunghissimo attimo di vuotoTuffarsi nel superficiale: cadere, fino a salvarsi nella profondità dell’acqua; dove non si tocca ma che accoglie, protegge, riempie tutto fino quasi all’anima: pelle, occhi, bocca, narici, rende ali i capelli che insieme al resto del corpo volano morbidi anziché precipitare.

La differenza tra il dirupo e il mare

E sta qui forse la differenza tra il dirupo ed il mare: tra la superficie che priva della sostanza fa schiantare sull’asfalto e il blu che diventa nero e quasi spaventa – perché profondissimo ed ignoto, ma che salva ed abbraccia appena dentro: nello sconfinato fondale, buio e denso di vita – un’altra – quella più nascosta e fulcro dello spirito e delle sue ricchezze.

Sirena, ibrido per eccellenza

Sarà per questo che le donne-pesce, le sirene sono l’ibrido per eccellenza: la commistione simbolica tra superficie e profondità; tra vacuità ed essenza. Sarà per questo che l’Odissea ne fa le creature che demarcano il passaggio tra mondo culturale e mondo altro, grazie alla speciale conoscenza di cui sono dotate ed alla liquida ambiguità che unisce vuoto e pieno, che ne caratterizza la natura.

La natura liquida

La stessa di cui siamo fatti noi: la natura ibrida, senza un preciso termine che ne delimiti i confini così labili; quasi uniti e dai contorni invisibili, liquidi che si fondono in un’unica forma fatta di contenuto ed involucro – dell’aria che si respira e che protegge un attimo prima di sprofondare oltre la superficie del mare.

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