Un aumento che sfiora il 4%. Il lavoro torna protagonista, con scenari di segno contrastante: la risalita dell’occupazione, anche se a tempo determinato; diminuiscono gli inattivi, ossia chi non cerca più una occupazione.
L’Istat, inoltre, segnala, un aumento dei contratti come dipendenti e nel contempo un calo dei lavoratori autonomi. A illustrare le cifre è una nota dall’Istituto di statistica che rende noto i numeri degli occupati del secondo trimestre del 2021 raffrontandoli con il 2020 e il 2019. La rilevazione del secondo trimestre, c’è da ricordare, finisce a giugno, quindi non tiene conto che dal primo luglio è finita la proroga del blocco dei licenziamenti.
“Nonostante si registri un contenuto calo del numero di occupati e una stabilità del tasso di occupazione”, osserva l’Istat, “la forte crescita registrata nei precedenti cinque mesi ha determinato un saldo rispetto a gennaio 2021 di 550 mila occupati in più. Non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemia”. A mancare all’appello, infatti, rispetto al 2019, sono oltre 260 mila unità.
La buona notizia
Gli occupati in termini numerici – sempre nel secondo trimestre del 2021 – hanno avuto un incremento di 338 mila unità, con una crescita di dipendenti a tempo indeterminato di 80 mila nuovi contratti, come dipendenti e di 33 mila unità come lavoratori autonomi.
Contratti a termine
Rispetto al secondo trimestre 2020, l’aumento dell’occupazione (+523 mila unità, +2,3%) coinvolge soltanto i dipendenti a termine (+573 mila, +23,6%); continua infatti, seppur con minore intensità osserva l’Istat, il calo dei dipendenti a tempo indeterminato (-29 mila, -0,2%) e degli indipendenti (-21 mila, -0,4%).
Posto ai laureati
L’analisi dell’Istat entra nel merito del grado di istruzione dei lavoratori. Più alte sono le referenze di studio più facile è avere un contratti.
La crescita del tasso di occupazione tra i laureati, pari al 79,6%, è più sostenuta (+2,6 punti) di quella dei diplomati (63,4%, +1,6 punti) e di chi ha conseguito al massimo la licenza media (43,0%, +1,0 punti). Di conseguenza, il tasso di disoccupazione aumenta per quanti hanno un titolo piu’ basso (+2,7 punti) e tra i diplomati (+2,0 punti) a fronte del lieve calo per i laureati (-0,1 punti), con l’indicatore che oscilla tra il 4,7% per i laureati, il 9,6% per i diplomati e il 13,4% di chi ha al massimo la licenza media. Aumentano, invece, gli attivi nella componente maschile, dove gli inattivi sono cresciuti di 28 mila unità, rispetto a quella femminile.
Flessione degli autonomi
Entrando nel merito della tipologia di occupati il dato percorre direzioni opposte.
A luglio crescono dipendenti a termine (+12 mila) mentre scendono nettamente gli indipendenti, come liberi professionisti e partite Iva, in flessione di 47 mila unità. Una fuga dal lavoro autonomo che era stato già di recente segnalato.
Calo degli inattivi
L’Istituto mette in evidenza anche il dato di chi non lavora e non cerca un impiego pur essendo in età lavorativa. Gli inattivi diminuiscono di un milione 253 mila. Tuttavia i dati dell’Istat risentono anche delle nuove regole sulla classificazione che considerano disoccupate persone in cassa integrazione da oltre tre mesi.
In quanti lavorano?
Infine uno dei dati più sensibili dell’aggiornamento dell’Istat. Il tasso di occupazione, ossia la quota di popolazione in età lavorativa che ha un impiego, raggiunge il 58% – un punto percentuale in più sul primo trimestre – L’occupazione rimane tuttavia ancora inferiore ai livelli pre-pandemia, con 678 mila occupati in meno rispetto al secondo trimestre 2019.
Il costo del lavoro
Nel trimestre il costo del lavoro, per singolo lavoratore, cresce dello 0,6% nel confronto con il periodo gennaio-marzo 2021, con un aumento più sostenuto delle retribuzioni (+0,7%) e di minor intensità degli oneri sociali (+0,3%), come delle misure di sostegno all’occupazione con gli sgravi contributivi. Su base annua si rileva, invece, un calo del costo del lavoro del 3,1%. A diminuire sono entrambe le componenti: le retribuzioni scendono del 2,3% rispetto al secondo trimestre 2020, quale effetto di riflesso della crescita straordinaria registrata tra aprile e giugno 2020, quando la ricomposizione dell’occupazione provocata dai provvedimenti di sospensione delle attività economiche aveva privilegiato la presenza delle componenti a profilo retributivo più alto.