mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Imprese, calano i fallimenti ma arrivano gli obblighi penali

Nel tenere testa alla crisi, le imprese si sono rimboccate le maniche e gli effetti positivi si evidenziano in questo fine 2019, con un calo dei fallimenti. Nel contempo arriva la riforma penale che prevede una serie di “allert” e obblighi per l’emersione del rischio di fallimento in cambio di convenienze giuridiche in caso di imputazione. Andando con ordine come primo dato c’è una diminuzione del numero di fallimenti che si sono registrati in Italia, la buona notizia in particolare riguarda l’edilizia.

Secondo l’analisi di Cribis (azienda di Bologna del gruppo Crif, società specializzata nella business information), nel secondo trimestre 2019 i fallimenti sono diminuiti in misura significativa soprattutto nel settore dell’edilizia con un meno 12,1%. Naturalmente non è tutto rose e fiori, perché il numero dei fallimenti rimane sensibilmente alto, per dare due dati: nel 2018 ad aver chiuso i battenti sono state in 5.996, mentre finora nel 2019 sono state chiuse 5714 imprese. Un trend tuttavia, visto il calo del numero dei fallimenti, definito virtuoso iniziato circa quattro anni fa, ed ora ha avuto un’accelerazione significativa.

Focalizzando l’analisi solo sul secondo trimestre dell’anno 2019”, spiega Marco Preti, amministratore delegato di Cribis, “la diminuzione dei fallimenti è stata di quasi 5 punti percentuali: dai 2994 del secondo trimestre 2018 si è passati ai 2847 di quest’anno. Nel settore edilizio il calo è stato più sensibile: il numero di aziende che hanno portato i libri in tribunale è sceso del 12,1%, dalle 589 del II trimestre 2018 alle 518 dello stesso periodo 2019”. Nel settore “industria” ci sono stati 510 fallimenti ed anche in questo settore il numero è stato contenuto. Nessuna variazione, invece, nel comparto commercio, dove le imprese fallite finirà nel 2019 sono state 941.

Molto più contenuta, secondo quanto rilevato da Cribis, la riduzione dei fallimenti nel comparto ‘servizi’: le imprese che hanno dovuto portare i libri in tribunale tra aprile e giugno 2019 sono state 661. La Cribis ha redatto anche una mappa del fallimento e a sorpresa emerge che la Lombardia è la regione a essere prima con 1206 imprese che hanno chiuso i battenti portando i libri contabili in tribunale. Stessa percentuale è stata rilevata nel Lazio dove in assoluto sono state 735 le aziende costrette a chiudere.

Nel rapporto si mette sotto la lente anche anche un arco temporale più ampio, nella analisi emerge che dal 2010 al 2019, sono fallite oltre 30mila imprese ed è ancora la Lombardia ad essere protagonista, con il doppio delle imprese rispetto a Lazio (15.622) e Toscana (12.347) infine, in fondo classifica il Friuli con solo 159 imprese che hanno chiusi. Se diminuiscono i fallimenti nel 2019 sono aumentati in tutte le regioni i concordati preventivi.

Di fallimenti e bancarotte, naturalmente si discute anche in sede penale perché è iniziato il conto alla rovescia per l’entrata in vigore del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Tra le novità è ufficiale l’obbligo di nomina del sindaco unico, del collegio sindacale o del revisore per le Srl. Le novità introdotte dal Decreto Legislativo n. 14 del gennaio 2019 entreranno in vigore il 15 agosto 2020, salvo anticipo per alcune delle misure introdotte.

Nella riforma scatta l’obbligo di modifica degli statuti o degli atti societari per molte Srl che entro il 2019 dovranno recepire il nuovo obbligo di nomina del sindaco, del collegio sindacale e del revisore secondo i nuovi limiti modificati con un intervento sulle soglie stabilite dall’articolo 2477 del Codice Civile.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza si completa l’iter formale per l’attuazione della riforma che, tra le novità, cancella la parola fallimento ed introduce una terminologia meno penalizzante per gli imprenditori.

Si sostituisce il termine fallimento con l’espressione “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene in altri Paesi europei, come la Francia o la Spagna, per evitare il discredito sociale anche personale che storicamente si accompagna alla parola “fallito”;

Nel progetto di riforma assume un notevole significato l’introduzione delle misure di allerta, con l’obiettivo di permettere l’emersione tempestiva delle crisi d’impresa prima della deriva nell’insolvenza, ma anche con qualche effetto collaterale forse non previsto e di sicuro ora sgradito. Perché per favorire un imprenditore magari ritroso a uscire allo scoperto rendendo manifesta la situazione di difficoltà la delega mette in campo anche una serie di incentivi di natura penale.

Si prevede a favore dell’imprenditore che ha tempestivamente proposto domanda di composizione assistita della crisi o chiesto l’omologazione di un accordo di ristrutturazione del debito o, ancora, un piano di concordato preventivo o, infine, ricorso per l’apertura della procedura giudiziale, una causa di non punibilità per il reato di bancarotta semplice e per tutti gli altri reati previsti dalla legge fallimentare quando hanno provocato un danno di lieve entità.

Infine c’è un aspetto particolarmente significativo sul piano sociale, infatti, di “armonizzano” le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.

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