Con il viso solcato dalle lacrime l’attivista afgana, Zahra Ahmadi, vincitrice del Premio Ischia per i diritti umani ha spiegato i suoi timori per le donne del suo paese: “Per le donne dell’Afghanistan impegnate nella lotta per i diritti civili la cosa peggiore adesso è la morte della speranza. In questi giorni quando riesco a parlare con alcune di loro percepisco forte il sentimento di impotenza e rassegnazione ed in qualche caso mi confessano apertamente di pensare al suicidio”.
Zahra lo scorso 14 agosto aveva partecipato ad una manifestazione di protesta contro l’avanzata dei talebani ma subito dopo l’ingresso dei miliziani a Kabul si era dovuta nascondere in un appartamento ed è riuscita a salvarsi solo grazie al ponte aereo organizzato dalla Farnesina con l’Aeronautica Militare. “Quando ormai non avevo più speranze il console italiano in Afghanistan Tommaso Claudi e mio fratello Hamed mi hanno contattato e sono riuscita a lasciare il mio paese ed a salvarmi la vita – ha spiegato Zahra -. Ma sono angosciata per chi è rimasto. Se arriviamo ad essere prigioniere a casa nostra, se le mura delle nostre abitazioni diventano una gabbia questo per noi è inaccettabile e non possiamo pensare ad un futuro così, senza la libertà che avevamo. Meglio suicidarsi, allora, che restare in queste condizioni”.