Nel precedente articolo ho spiegato perchè Rousseau lasciò aperto il problema di come contemperare la volontà generale nell’ambito della società civile con la volontà di tutti.
La tematica rousseauiana assunse una centralità nel pensiero di Karl Marx sulla riapproriazione.
Il concetto di divisione sociale del lavoro fu cruciale nel pensiero di Durkheim, che in esso intravide il fondamento etico e morale della società. Tuttavia Durkheim sostiene che c’è <<qualcosa di non contrattuale nel contratto>> che si identifica con la necessità coercitiva della società, contemplata come qualcosa di che si sovrappone all’individuo.
MARX IN SALSA ROUSSEAUIANA
Rousseau influenzò alcune interpretazioni del marxismo, visto che nella ideologia marxiana non c’era una teoria dello Stato. Ad esempio, Galvano della Volpe, che fu anche ideologo del partito comunista italiano, mettendo a confronto il pensiero di Rousseau con quella dei filosofi liberali, faceva osservare che il primo aveva elaborato il concetto di libertà egualitaria, mentre i secondi si erano rifatti alla nozione di libertà civile. La libertà civile, più precisamente, la libertà borghese, è la libertà della società civile, nel senso storico e tecnico in quanto società di produttori. La libertà civile finisce così per coincidere con il complesso delle libertà o diritti borghesi , della libera iniziativa economica, della sicurezza della proprietà privata, della libertà di culto , di stampa e così via.
La libertà egualitaria in Rousseau determina la prevalenza dell’uguaglianza in funzione della libertà, mentre è opportuno considerare anche il contrario, ossia la libertà in funzione dell’uguaglianza. E Marx, puntualmente contemplerà la libertà in funzione dell’uguaglianza. Ma sembra che questo nuovo legame tra libertà ed uguaglianza comporti altre conseguenze: da un lato, l’uguaglianza in funzione della giustizia e, dall’altra, la giustizia in funzione dell’uguaglianza. Indefinitiva, Marx finisce per subire anche l’influenza di un contemporaneo di Rousseau ossia di Morelly, il quale riteneva che occorresse superare tutte le diseguaglianze naturali e sociali, così concludendo: <<da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni>>.
LA LIBERTÀ SACRIFICATA
Se il modello liberistico dalla libertà civile è difettoso, nella misura in cui tende ad una massima libertà soltanto formale, il modello comunista della libertà egualitaria presenta un vizio, se è vero che essa postula una massima uguaglianza a sacrificio della libertà.
I due modelli, in concreto, sono sostanzialmente la mera proclamazione di <<un massimo di libertà unicamente formale a sacrificio di una uguaglianza effettiva oltre che della libertà>> , con l’esclusione della giustizia.
La libertà senza eguaglianza diventa illibertà ed oppressione; l’eguaglianza non sopravvive senza il controllo della libertà e si ricreano classi gerarchiche e divisione tra dominati e dominanti.
Libertà, giustizia e uguaglianza sussistono esclusivamente quando coesistono, senza che nessuna di esse manchi e senza che il primato di una di esse comporti il sacrificio di una di loro.