I nuovi sottosegretari avevano appena giurato e posato per la foto ricordo con il Presidente del Consiglio e già, nello schieramento della maggioranza che li ha espressi, si manifestavano scricchiolii possibili presagio di tempeste.
All’improvviso, dopo mesi di annunci e di previsioni rivelatesi errate, nel Pd viene data per prossima la paventata scissione di Renzi, con la conseguente costituzione di suoi gruppi parlamentari.
Eppure, mai come in queste ultime settimane era sembrato decisivo il ruolo di Renzi all’interno del Pd: era stato lui il protagonista dell’apertura al Movimento 5 stelle per la formazione della maggioranza. Una presa di pozione in attesa quindi, espressa proprio da colui che si era dichiarato sempre indisponibile a qualunque intesa con i grillini e si è tanto messo all’angolo il segretario del Pd Zingaretti, da farne un suo deciso sostenitore rinnegando lo scetticismo espresso fino a pochi giorni prima.
I renziani doc parlano ora di separazione consensuale: separazione che è già difficile fra gli umani e puramente retorica in politica perché ogni scissione rappresenta una ferita difficile da rimarginare.
Se si volesse tentare un’interpretazione della scissione, sempre che si faccia, la spiegazione va ritrovata in un duplice obiettivo: sospingere il Pd a sinistra e creare frattanto un nuovo soggetto politico riformista e moderato, che si ponga l’obiettivo di coagulare al centro forze e persone provenienti anche da altri partiti.
Tutto questo disegno, che Renzi ha partorito già 3 anni fa parlando di trasformazione del Pd in partito della nazione, non dovrebbe nell’immediato creare problemi per il governo, ma alla lunga potrebbe innescare problematiche poco compatibili con la tenuta dell’alleanza che sorregge Conte.
Quasi da fare da contrappunto a questa ipotesi si rafforza invece il rapporto fra Pd, Leu e M5s: ne fa fede la disponibilità di Di Maio a fronti comuni nelle elezioni regionali prossime a cominciare dall’Umbria, con l’indicazione per la presidenza, di personalità estranee ai partiti e provenienti dalla società civile.
Anche nel centro destra, muove i primi passi la mini scissione di Toti da Forza Italia, pensata in un quadro politico diverso, ma neutralizzata oggi dal nuovo abbraccio fra Berlusconi e Salvini, che ieri ha testato, a Pontida, la fedeltà dei suoi militanti.
Prevalgono dappertutto come si vede, manovre e tatticismi, mentre il debito pubblico sale alla stratosferica cifra di 2.410 miliardi di euro e si impongono scelte per tutti, anche amare ma non rinviabili.