Bruciano i boschi, bruciano i capannoni abusivi con tonnellate di spazzatura, bruciano i rifiuti nei cassonetti, bruciano i depositi di materiale plastico e copertoni di auto. Come nel caso di giovedì a Battipaglia con l’ennesimo rogo doloso e i pericoli per le persone. Le emergenze da nord a sud non si contano più mentre i piromani ed ecomafie continuano a inquinare l’ambiente, ad ammorbare aria, i terreni a seminare morte per l’inquinamento.
Si passa da un caso all’altro da una emergenza all’altra, in una catena di reati che rimangono per lo più impuniti. Dei pennacchi di fumo che si levano in aria e nubi nere minacciose così come le vediamo nei Tg, mentre nei giornali si sovrappongono ordinanze e appelli dei sindaci che chiedono ai cittadini di rimanere in casa sbarrando porte e finestre per non respirate i geni avvelenati. Raramente, per non dire mai, si vedono i volti degli inquinatori, oppure sapere dei mandanti e dei loro piromani, le indagini spesso finiscono in un vicolo cieco altrimenti sono in mano alle sortite e alle indicazioni di pentiti, o presunti tali, che parlano di interramenti, di sostanze pericolose addirittura radioattive occultate.
Anche il mare non viene risparmiato dalle ecomafie, si cercano infatti navi carrette affondate con nelle stive spazzatura di ogni genere. E quanto anche i traffici sulla immondizia si fanno legalmente si sconfina nel surreale o in qualcosa che fa venire altri dubbi, come nel caso delle rimozioni di migliaia di tonnellate di spazzatura mummificata che viene poi compattata come ecoballe, caricate sui camion per fare il giro d’Italia dal sud verso gli inceneritori del nord o portate nei porti per essere dirottate in altri paesi e smaltite chissà come: interrate, incenerite. Un giro d’affari, meglio di dire, un eco business – che di ecologico non ha nulla – fatto da decenni sulla pelle delle persone che costa allo Stato centinaia di milioni e danni irreparabili ad ambiente e cittadini.
Nel caso degli incendi quando le sostanze tossiche si spandono nell’aria i veleni sono un grave rischio per la salute di chi vive nelle aree circostanti, persone da adulti, anziani e bambini
che subiscono gli effetti immediati dei danni. Una esposizione diretta significa respirare sostanze che danneggiano i polmoni, gli occhi, il cuore. I sintomi si avvertono subito con tosse, svenimenti, problemi respiratori e anche cardiocircolatori. Poi ci sono i danni a lungo termine dovuti alle sostanze presenti nelle emissioni che possono avere effetti che si protraggono nel tempo.
Gli esperti, come Angelo Cecinato, ricercatore dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Cnr spiega come i problemi siano molteplici e come la legislazione oggi sia più incisiva rispetto a quella del recente passato dove i rifiuti smaltino in inceneritori non venivano differenziati. “Quando c’è una grossa combustione di materie plastiche o materiale infiammabile, nell’immediato si vede la nube accompagnata da inquinanti gassosi tossici”, spiega Cecinato, “gli effetti immediati tossici si hanno sia da parte dei gas sia dalle polveri sia per i contenuti delle polveri. Sostanze che a lungo andare possono contribuire allo sviluppo di tumori.
Le polveri sottili, il cosiddetto particolato fine, può entrare nei polmoni ed è tossico in quanto tale, perché intasa i polmoni, può favorire problemi di circolazione e, per esempio, l’enfisema polmonare, indipendentemente da cosa contiene. Provoca danni a livello cellulare. In più il particolato può contenere delle sostanze tossiche, quindi all’effetto prettamente fisico si sovrappone un effetto chimico”. Nel mondo della chimica e degli agenti inquinanti ci sono poi differenze e pericoli diversi alcuni proprio da non sottovalutare altri che hanno effetti gravissimi e diretti sulla salute.
“Gli inquinanti che fanno più male sono gli idrocarburi policiclici aromatici e altri composti simili”, fa presente Angelo Cecinato, “si sprigionano in ogni combustione, anche se si brucia legna, se si accende una sigaretta, e ovviamente in quantità molto maggiori nel traffico. Sono cancerogeni a lungo termine. Le diossine e composti simili sono presenti in tracce e la loro pericolosità è dovuta a tossicità specifiche. Sono però presenti in quantità infinitesimali e si producono solo in particolari condizioni, da materiali di partenza specifici.
Le diossine erano un vero problema fino a 30-40 anni fa perché gli inceneritori bruciavano di tutto, plastiche a base di cloro incluse, che nella combustione potevano sviluppare diossina. Adesso la tecnologia e la legislazione hanno pressoché eliminato la presenza dei precursori della diossina, perciò solo in caso di combustione di rifiuti speciali si può avere il rilascio di diossina in ambiente. Mi preoccuperei più di altre cose. Per esempio degli idrocarburi policiclici aromatici, che sono presenti in quantità enormi”. Poi ci sono diversi tipi di inquinamento quello sprigionato dalle nubi tossiche e quello che ammorba i terreni, oppure gli effetti dei disastri chimici, che vedono nella diossina tra i protagonisti. In molti casi servono anni per smaltire i veleni.
Chi vive in un raggio di una zona contaminata deve poi porre attenzione a tutto. “Lavare gli ortaggi a foglia larga, che trattiene di più le polveri, con acqua potabile per levare tracce di contaminanti. Non far mangiare il foraggio dell’area contaminata agli animali se no poi i contaminanti si rischia di ritrovarli nel latte. Lavare e sbucciare la frutta”. Sotto il profilo giudiziario invece malgrado l’impiego delle Commissioni d’inchiesta, il lavoro degli inquirenti e gli interventi della magistratura, davvero pochi sono i colpevoli individuati.
“Dalle risposte delle varie Procure della Repubblica alla Commissione bicamerale”, si fa presente, in modo amaro, in un recente atto d’inchiesta sui roghi ed ecomafie, “risulta che almeno un terzo di questi incendi non è stato neppure segnalato alla magistratura; ma, anche quando segnalazione vi è stata, il tutto si è generalmente concluso con l’archiviazione – quasi sempre perché ignoti gli autori – e solo nel 13% dei casi si è esercitata l’azione penale; non tanto però per il delitto di incendio, doloso o colposo, solo 5 casi, quanto -ed è significativo – per altri reati, di tipo ambientale, derivanti da irregolarità nella gestione degli impianti”.