Nella prima parte di questo articolo ho iniziato a raccontare l’avvento delle macchine, cioè di come l’Intelligenza Artificiale sia destinata a pervadere quasi ogni campo della nostra vita. Il riferimento a Matrix, film cult degli anni Novanta è stato spontaneo e tuttora mi chiedo se ho enfatizzato o se sono stato più che realistico. Ad ogni modo, l’estrema sintesi della prima parte, ossia la vera notizia, è che entro il 2025 oltre il 75% delle scelte d’investimento in capitale di rischio su startup in fase di early stage sarà determinato dall’intelligenza artificiale in base all’analisi dei dati. Quindi, domande come quando, dove e quanto investire avranno risposte quasi automatizzate. Inoltre l’intelligenza artificiale verrà utilizzata per determinare la probabilità che un team di leadership abbia successo in base alla storia lavorativa, all’esperienza sul campo e al successo aziendale precedente. I manager che non avessero raggiunto i parametri di successo individuati in esperienze passate verrebbero quindi bocciati. Eppure l’esperienza, quella solida, è sempre frutto di prove, errori e apprendimento.
ZUCKERBERG NON SAREBBE SOPRAVVISSUTO AL GIUDIZIO DELL’AI
Inoltre tutta la dottrina della Silicon Valley, e faccio riferimento in particolare al modello di Customer Development di Steve Blank e al metodo Lean applicato alle startup da Eric Ries perderebbero il loro senso. O meglio, non si arriverebbe affatto alla possibile applicazione di tali teorie. Infine vorrei citare un paio di casi. Credo che in pochi conoscano la storia di Facemash, un sito web creato da uno studente con l’idea di fare business offrendo un nuovo gioco agli studenti di Harvard. Il software permetteva ai visitatori di confrontare due foto di studentesse fianco a fianco e di decidere quale delle due fosse la più attraente. L’idea era carina ma non aveva ottenuto successo. Poi, una notte di ottobre del 2003, quello stesso studente di Harvard che aveva creato Facemash, reduce da un appuntamento andato male e da una delusione, decise di trasformare il sito e di caricare tutte le foto degli studenti del college. In poche ore hackerò i database dei dipartimenti di Harvard ed estrasse nomi e fotografie di tutti gli studenti. In sole 4 ore il risultato fu il seguente: 450 visitatori, 22.000 click sulle foto e un sovraccarico di dati che mandò in crash i server dell’università. Facemash venne chiuso dai vertici di Harvard, lo studente fu accusato di infrazione della sicurezza e di violazione della privacy degli studenti e venne punito con sei mesi di sospensione. Ma era nato Facebook! Indubbiamente Zuckerberg dopo il primo tentativo sarebbe stato bocciato dall’intelligenza artificiale.
DAL FALLIMENTO CERTO AL SUCCESSO IMPENSABILE
Prendiamo un altro caso, quello di Odeo azienda nata nel 2005 con l’intenzione di offrire servizi di podcast. Qualche mese dopo la nascita la Apple annunciò che ITunes avrebbe ospitato una piattaforma dedicata ai podcast e Odeo non avrebbe certo potuto competere con Apple. Odeo sarebbe fallita, e i suoi manager bollati per sempre dall’intelligenza artificiale, se uno dei dipendenti, Jack Dorsey, non avesse avuto un’idea geniale: lanciare un prodotto che permettesse di aggiornare il proprio status in poche parole, una sintesi di massimo 160 caratteri. Fu così che da un’esperienza destinata al fallimento, e quasi per caso, nacque Twitter. Termino l’articolo affermando che la razionalità è molto importante ed è quindi corretto che l’intelligenza artificiale venga utilizzata per aiutare a prendere decisioni migliori, cosa diversa è delegare la decisione alle macchine. Per quanto mi riguarda, se la direzione sarà quella messa in evidenza da Gartner, sarò il primo a candidarmi per contribuire a fondare Zaion!