Qual è la strategia di Matteo Renzi? Dove vuole portare la sua creatura Italia Viva?
Da quando ha fondato il suo partito, poco più di un anno fa, l’ex Presidente del Consiglio si è trovato stretto in un gioco politico che non poteva immaginare.
La sua aspirazione era quella di staccarsi da una sinistra che non era riuscito a rifondare, nonostante la traumatica “rottamazione”, per diventare polo di attrazione di consensi svincolati da antiche appartenenze. Una sorta di partito pigliatutto degli scontenti e dei delusi provenienti sia dal Pd, che da Forza Italia, anche dai 5 Stelle, cui offrire un progetto di profondo rinnovamento dell’Italia.
Lo stesso nome “Italia viva” porta in sé il marchio del vitalismo di cui Renzi ha dato prova nei suoi 2 anni 9 mesi e 20 giorni di Governo, lanciando riforme a 360 gradi e impegnandosi nella più ampia revisione costituzionale mai tentata.
Renzi aveva giocato il tutto per tutto col referendum confermativo. Perse la battaglia perché l’aveva troppo personalizzata, non perché fosse del tutto sbagliata. Dopo le sue dimissioni, invece di abbandonare la politica, come aveva promesso, è tornato subito nell’agone. Saltare un turno sarebbe stato meglio, 5 anni passano in fretta, e poi sarebbe potuto tornare d’impeto protagonista della scena. Ma non ha resistito, ed è entrato in Parlamento con l’idea non di fare il senatore di fila ma di riprendere da dove aveva lasciato.
Ha spinto per l’alleanza Pd-5 Stelle e il giorno dopo la fiducia al governo è andato via dal partito di cui era stato segretario. Sperava di poter giocare a tutto campo approfittando delle contraddizioni della maggioranza che aveva contribuito a costruire e contava di aggregare un 10% dei consensi con la sua capacità di sparigliare le carte in vari partiti. Con questo spirito aveva punzecchiato il Governo ,convinto che uno stillicidio continuo avrebbe fatto saltare i nervi a Conte e creato una situazione in cui tutti i giochi si potevano riaprire, anche quello di un suo ritorno a Palazzo Chigi. Ma poi è arrivato il virus. Per mesi Renzi ha morso il freno per non apparire irresponsabile, rinviando le sue iniziative alla fine della pandemia prevista a fine estate. Ma il virus la tira per le lunghe e Renzi ha deciso che non può più aspettare. I sondaggi gli danno meno dei consensi che raccoglierebbe Calenda e questo per lui è davvero intollerabile. Così ha rotto gli indugi ed è tornato ad essere Renzi e a giocare da libero battitore scatenando il movimentismo che gli è congeniale.
Come che vada la partita personale con Conte, Renzi ha lanciato il suo messaggio: dovete fare i conti con me e non mi fermerò mai. Ma per arrivare dove?
Renzi è un tattico imprevedibile ma in cuor suo si sente lo stratega di un rimescolamento generale della politica che dovrebbe avere in Italia Viva il detonatore e anche il nuovo polo di attrazione. Dopo aver rottamato la vecchia classe dirigente del Pd Renzi vorrebbe rottamare l’intero sistema politico italiano facendo leva sulle debolezze degli altri partiti. Progetto ambizioso e non privo di senso.
Ma Renzi oltre ad essere uno che sa strappare vestiti logori degli altri deve dimostrare di saper tessere nuove tele aggregando consensi. Non deve fare affidamento sugli applausi trasversali che i suoi brillanti interventi in Senato scatenano. La politica non è solo rottura ma anche capacità di aggregazione. La vera leadership non sta nell’esibirsi in un assolo pieno di trascinanti virtuosismi. Serve poi saper mettere insieme un’orchestra ed essere in grado di dirigerla.
È questa la vera sfida che Renzi ha di fronte. Ma è una sfida che deve vincere con sé stesso.