Torna sulle colonne de la Discussione la rubrica quindicinale “Crea Valore”. Domande e risposte chiare per comprendere l’evoluzione della situazione economica, degli scenari che si determineranno a fine anno e nei primi mesi del 2021. Il Prof. Ubaldo Livolsi, economista e banchiere, è per esperienza professionale, caratura internazionale, conoscenza dei mercati, una guida certa e lungimirante.
In questa terza puntata, la fiducia diviene parola chiave per il rilancio dell’Italia.
Ricordiamo che la rubrica “Crea Valore”, è curata dalla giornalista Angelica Bianco.
Buona lettura!
L’Italia è di fronte a circostanze impreviste, serve un cambiamento di mentalità in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo affrontando sta evidenziando che il costo dell’esitazione può far diventare questa crisi irreversibile. Quali sono le prime azioni da dover intraprendere per far ripartire l’economia?
Questa pandemia è stata, ed è ancora come una guerra. Tuttavia, ci sono notizie che fanno ben sperare e che facilitano la soluzione. La prima sono i vaccini, che ci saranno. Al di là delle polemiche e delle speculazioni, sia economiche che soprattutto mediatiche, siamo certi che nel 2021, in particolare nella seconda e terza parte dell’anno, gran parte della popolazione potrà essere vaccinata. Poi abbiamo avuto il voto americano che ha portato Joe Biden alla White House. I mercati hanno accolto positivamente il nuovo presidente a capo della prima potenza economica del mondo, se non altro per la sua attitudine e premesse politiche più concilianti e meno muscolari di quelle del suo predecessore, Donald Trump. Infine, il grande cambio di strategia dell’Ue – a mio parere non capito e ancora non comunicato bene ai cittadini – che emette fondi (Next Generation EU) assumendo parte del debito dei Paesi membri. Serve una chiara presa di posizione del Governo a favore delle imprese e del libero mercato, che annulli quelle spinte statalistiche e assistenzialistiche che, talvolta, emergono. Le prime azioni, anzi la prima, è trasmettere il senso di fiducia nel futuro sia ai privati che alle aziende, con approcci politici e di comunicazione nuovi. Per tornare alla metafora iniziale, dovrebbe accadere, con le dovute proporzioni, come dopo la seconda guerra mondiale, che distrusse il Paese, quando si attivò un sistema di sinergie tra politica, privati e imprese – basato sulla fiducia – che portò successivamente al boom economico. Quanto fatto finora, penso sia ai ristori ai privati, alle piccole imprese e ai liberi professionisti, sia alle imprese con la cassa integrazione; può essere un modo per trasmettere fiducia. Serve però un passo in avanti, una maggiore visione pro-impresa con politiche fiscali e incentivi alla produzione da un lato, dall’altro nuove politiche che portino gli italiani a consumare e investire parte dei loro risparmi.
Secondo Lei Prof. Livolsi, il Governo per proteggere i posti di lavoro e la capacità produttiva, oltre a defiscalizzare, in che modo si può incrementare la liquidità sui mercati visto che già viviamo in un’epoca di politica economica espansiva e di tassi a zero. Cosa potrebbero fare per evitare una distruzione permanente della capacità produttiva, e quindi della base fiscale?
La produzione e la capacità produttiva in un Paese come l’Italia, che ha eccellenze mondiali, sono fondamentali. Mi ricollego a quanto detto sopra: la chiave di volta è l’aspettativa positiva nel futuro, la fiducia per la fase post pandemica che sta per arrivare. Ciò ha una doppia declinazione: da un lato stimolare i consumi delle famiglie e far sì che queste dispongano di più reddito, dall’altro consentire alle imprese di avere capacità di esportare. Mi riferisco per esempio alla riduzione dell’Iva su alcuni beni prodotti in Italia (automotive, arredamento, elettrodomestici etc.) privilegiando quelli che abbiano un ciclo produttivo sostenibile. Penso anche i privati, che devono ricevere tutti i ristori promessi ed essere finanziati anch’essi, al pari delle imprese, dalle banche. Più consumi significa più reddito per le aziende, più investimenti da parte di queste, in definitiva più esportazioni. La liquidità per i capitali di rischio esiste e deve essere impiegata in quelle società che hanno una visione di successo e sostenibilità nel medio periodo. Occorrono imprenditori lungimiranti, aperti all’ingresso nel capitale delle proprie aziende da parte di terzi e finanziatori capaci di aspettare ritorni adeguati non nel breve periodo. No a speculazioni finanziarie.
Infine, quale il consiglio che i Banchieri darebbero al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte per rilanciare l’Italia?
L’azione importante che il Governo presieduto da Giuseppe Conte sta realizzando, è troppo percepita come limitativa di un danno, quello della pandemia. A mio parere, dovrebbe essere comunicato meglio che quanto si sta facendo è anche, anzi è soprattutto, una premessa per ripartire. Consiglierei al Premier di far passare il messaggio che l’Italia ha un futuro importante e brillante. Su queste basi, con il sostegno di imprese e privati, il Governo potrà concentrarsi su impegni prioritari, con il coinvolgimento di tutti i “migliori”: non è vero che uno vale uno. La premessa è il funzionamento efficiente della giustizia e le revisioni di leggi sbagliate, come la cosiddetta quota 100 e il reddito di cittadinanza. Mi focalizzerei sulle infrastrutture, sia fisiche che digitali, ma anche su sanità, strutture ospedaliere, istruzione, in particolare alla formazione dei medici. Un settore, quello sanitario, che si è mostrato encomiabile per impegno, ma che ha rivelato limiti strutturali e intrinsechi, che non potremo più tollerale ora che sappiamo che queste epidemie si potranno ripetere. È necessario anche un cambio di mentalità, più responsabilizzazione. I privati devono essere stimolati a impiegare i propri risparmi in un’ottica di investimento e non di rendita. Andrebbe fatta educazione al risparmio e all’investimento. Gli italiani hanno sui propri conti 1.700 miliardi di euro, sostanzialmente inutilizzati. Circa le imprese, lo Stato dovrebbe sì intervenire, ma seguendo il principio di sussidiarietà, lasciare cioè alle aziende e agli imprenditori che si assumano le loro responsabilità e si facciano carico e motore della crescita. La politica, concludo, mi pare che stia capendo tutto questo e che si vada verso una convergenza programmatica per il bene dell’Italia, al di là della contrapposizione tra centro-destra e centro-sinistra.