La mascherina è diventata uno strumento-simbolo a 360 gradi. Buona per tutti gli usi. Usata dal governo, che obbligandone imperativamente l’uso, ribadisce la sua gestione politico-sanitaria del virus; e rifiutata da chi si oppone al governo, come atto libertario di contestazione e di sfida alla “dittatura”.
Ma sono facce della stessa medaglia. Si tratta, in realtà, di una mega-operazione di depistaggio ideologico.
Conte, fonde e confonde i suoi Dpcm, di aspetti medici, politici e psicologici: mascherina come salvezza miracolistica, pur senza evidenze scientifiche; mascherina come tutela preventiva, come arma di deterrenza e diciamo, di controllo sociale. Il fronte “no-mask”, di converso, la odia, sciorinando tesi elementari e concetti esclusivamente fisiologici di libertà.
Siamo di fronte, purtroppo, alle due antropologie speculari, che si sono formate e sviluppate col contagio: “I cafoni della libertà”, incapaci di rispettare qualsiasi regola, legge e autorità, e “i paranoici della paura”, che al desiderio di vivere preferiscono la paura di morire. Psicosi su cui si fonda sempre dalla notte dei tempi, il consenso dei sistemi politici.
La domanda di fondo, infatti, è invariata: libertà pericolosa o schiavitù controllata, tutelata? Ogni dittatura del Novecento è nata garantendo la sicurezza oggi, rimandando la libertà a domani. E quello che colpisce è vedere in tv, sui giornali, tanti sostenitori del pensiero liberale, accettare passivamente e con entusiasmo, la compressione delle libertà parlamentari, la mortificazione della Costituzione, il prolungamento dei poteri speciali del premier, lo scandalo del piano pandemico sanitario, negato e secretato da Palazzo Chigi, senza battere ciglio. Mutando da liberal a fan del nuovo Stato etico sanitario.
Sono stato alla manifestazione di sabato scorso, la cosiddetta Marcia di Liberazione. Non importa il numero dei partecipanti (2000, 5000), quello che conta è il significato di tale evento. Ovviamente demonizzato e ridicolizzato, da parte di osservatori sempre pronti a capire la piazza, le persone, quando si parla di lavoratori, migranti, dei più disparati orientamenti sessuali, di droga etc.
Invece, nei confronti degli italiani di sabato, parole da dittatura militare: negazionisti (bisognerebbe aprire un bel dibattito su chi siano i veri negazionisti della verità), imbecilli, mascalzoni (Giannini), fanno tenerezza (Severgnini), il loro diritto a manifestare è un diritto? (Repubblica), appalesando un livore nazista e una pretesa superiorità morale, da eugenetica culturale.
Cerchiamo di ristabilire qualche nota da controinformazione.
Innanzitutto, i media hanno volutamente abbinato le due manifestazioni, quella della Liberazione, e quella quasi anonima (300 presenti) della Bocca della Verità. Quest’ultima, precedente inquietante, organizzata in contemporanea, come a rispondere ad una strategia di “macchiettizzazione”, parodia volgare di temi autentici. Ma d’altra parte, le iniziative di Pappalardo, sono sempre al limite del sospetto di eterodirezione dall’alto.
Quella di piazza san Giovanni, invece, ha avuto un’altra valenza. C’era un po’ di tutto: Vox, il partito di Diego Fusaro, il Fronte sovranista, i fan del metodo Di Bella, le partite Iva, i No-Vax, artigiani e commercianti indignati, impoveriti, un po’ di destra, un po’ di sinistra, qualche post-hippy, vegano e qualche New Age.
La mascherina non c’entra. E credo si tratti di una fake, quella dei 90 multati: la Polizia non c’era (se non di lato, e ha fermato solo un giovane). Non ho visto 90 persone senza mascherina. Si è trattato della protesta di un popolo che subisce gli effetti del Coronavirus, gli effetti delle scelte del governo giallorosso. Gente disperata, ridotta sul lastrico. Una protesta ancora magmatica, confusa, senza leader capaci di rappresentarla. Che paga l’ambiguità e l’assenza del centro-destra, che da mesi oscilla tra legalità e disagio verso le regole di Conte. Dando luogo a una posizione opaca e debole (e i recenti numeri elettorali lo stanno confermando).
Gente che chiede risposte a domande astratte e non prive di ingenuità o eccessiva semplificazione: colpa della Ue, delle multinazionali, in primis farmaceutiche, della globalizzazione.
Ma una cosa è certa: dove la globalizzazione non è riuscita a cambiare i cittadini (trasformandoli tutti, migranti e autoctoni, in apolidi, senza radici e identità culturali, storiche, religiose); dove la rete-sovrana è riuscita solo in parte (tutti gli uomini ormai ridotti a bolle “individual”, autoreferenziali e autocentrate), ci sta riuscendo la pandemia. Si chiama “distanziamento sociale”.
Uomini soli, disperati, impauriti, ostili agli altri (untori per definizione) e colpevolizzati dal potere politico. Spezzando la relazione, il legame sociale, la famiglia (da domani pure le riunioni in casa saranno monitorate e oggetto di delazione pubblica), muore la società, e diventa un lager in mano alla casta padrona. Oltre alla dicotomia “salute-libertà” (tema irrisolvibile), e alla dicotomia “salute-economia” (tema legittimo, ma di matrice esclusivamente liberista), concentriamoci pure sul tipo di civiltà che una volta superato il Covid 19, andremo a costruire.
(Lo_Speciale)