“La moda italiana è in una crisi di transizione che va governata subito o ne subiremo le conseguenze in termini di chiusure, perdita di filiere e indebolimento del Made in Italy”. È l’allarme lanciato da Moreno Vignolini, presidente di Confartigianato Moda, intervenendo al Tavolo Nazionale sulla Moda convocato dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
Il settore moda conta oggi 79 mila imprese e oltre 456 mila addetti, con una presenza determinante dell’artigianato: 40 mila imprese artigiane, pari al 50% del totale. I dati del 2025 delineano uno scenario critico: produzione in calo del 6,3%, export a -3,6%, consumi interni deboli e 10 cessazioni d’impresa al giorno, in gran parte artigiane.
Energia e credito
A incidere sono anche l’elevato costo dell’energia, le difficoltà di accesso al credito – con prestiti in diminuzione del 6,4% – e l’incertezza legata ai dazi internazionali. Nonostante il contesto sfavorevole, le imprese mostrano segnali di tenuta. “Il 60% ha avviato percorsi di digitalizzazione e il 51% investe in competenze Green”, spiega Vignolini, “Segnali di resilienza che vanno colti e rafforzati”.
Per Confartigianato Moda la risposta deve partire da regole chiare e immediate. Prioritaria è l’introduzione di una certificazione di filiera, basata su trasparenza e tracciabilità, per definire un perimetro certo di legalità, tutelare le imprese corrette e garantire ai consumatori una sostenibilità reale dei prodotti. A questa misura va affiancata una campagna informativa strutturata, capace di orientare la domanda verso produzioni di qualità e contrastare gli effetti distorsivi dell’ultra-fast fashion.
Ridurre i costi energetici
Governare la transizione significa per Confartigianato, anche intervenire sui fattori strutturali di competitività: ridurre il peso dei costi energetici, rilanciare gli investimenti produttivi attraverso il Piano Impresa 4.0 e sostenere il revamping degli impianti, integrando transizione digitale ed efficientamento energetico.
Ricerca e sviluppo
In questo quadro, Confartigianato Moda chiede di equiparare gli investimenti in capitale umano a quelli materiali, sostenendo formazione, riqualificazione, ricerca e sviluppo, indispensabili in un settore che continua a prevedere assunzioni ma fatica a reperire competenze. Particolare attenzione deve essere riservata alle fasi chiave delle filiere di abbigliamento, calzature e accessori – dalla filatura al taglio e all’assemblaggio – oggi tra le più colpite dalla crisi e decisive per garantire il vero 100% Made in Italy.
Materie prime italiane
L’associazione propone inoltre di valorizzare le imprese che utilizzano materie prime italiane, introducendo meccanismi premiali nei finanziamenti pubblici, nei sistemi di rating o attraverso benefici fiscali temporanei. Sul fronte generazionale, infine, Vignolini sollecita strumenti dedicati per favorire l’ingresso dei giovani, sostenendo startup e progetti di subentro nelle imprese artigiane e riconoscendo il ruolo formativo dell’imprenditore artigiano e del maestro di mestiere come pilastri del sistema moda.




Difendere il Made in Italy è assolutamente essenziale, da troppi anni girano prodotti “taroccati” spacciati per Made in Italy ma il peggio di tutto questo ha raggiunto l’apice con i prodotti Cinesi etichettati in Italia o peggio prodotti in Italia da vere e proprie organizzazioni Cinesi che con i prodotti Italiani non hanno niente da spartire, usano prodotti primari Cinesi o di altra provenienza, di scarsa qualità ma confezionati in Italia e spacciati per “Made in Italy” per puro profitto, così si distrugge la credibilità di filiere radicate e riconosciute.