Oggi vogliamo parlare di un libro che riguarda tutti noi: Liste d’attesa in sanità, è possibile eliminarle?, presentato dall’associazione culturale Omnia Nos. È un libro scritto dal professor Giovanni Ruvolo, già direttore di cardiochirurgia del Policlinico di Tor Vergata di Roma.
Professore, ci spiega quali sono i reali problemi all’origine di questa piaga del nostro Sistema Sanitario e se esiste una soluzione?
Io credo fermamente che il problema delle liste d’attesa, di cui si discute oggi moltissimo, sia solo un sintomo di un grave stato del Sistema Sanitario Nazionale, una vera e propria agonia. Le cause di questa situazione sono molteplici e coinvolgono vari aspetti, a partire dalla politica: tutti i Governi hanno cercato di affrontare il problema, ma la soluzione non è ancora arrivata, sebbene esistano moltissimi decreti che, se applicati, risolverebbero almeno in parte la questione. Tuttavia, a livello gestionale e politico, l’attuazione di soluzioni reali è spesso impedita da decisioni che evitano conseguenze negative a livello elettorale, rendendo difficile attuare una seria programmazione.
Oltre al problema del controllo dell’attuazione dei decreti esistono anche cause che potremmo definire più strutturali?
Si, in primis l’inadeguatezza degli ospedali, molti dei quali sono stati costruiti oltre 30-40 anni fa. La loro vetustà impedisce sia la sicurezza dei pazienti sia l’implementazione di quei sistemi informatici, che io considero assolutamente fondamentali per la soluzione delle liste d’attesa, precludendo prestazioni qualitative e quantitative adeguate. Un altro grosso problema, anch’esso di natura strutturale, riguarda il Medico di Medicina Generale (MMG), che non è un dipendente, ma un convenzionato con il SSN, garantisce solo 15 ore settimanali e richiede un pagamento per ogni attività extra. Inoltre, il MMG si trova costretto a fare prescrizioni inutili, sia per la pressione dei pazienti, che minacciano di rivolgersi ad altri, sia per la diffusa pratica della medicina difensiva, dove si richiedono esami in eccesso per tutelarsi da future accuse di negligenza. A ciò si somma il fatto che spesso il medico ospedaliero richiede la ripetizione di esami già fatti sul territorio, per sfiducia o prassi, allungando i tempi di attesa negli ambulatori e negli ospedali accreditati.
Poi esiste il problema delle risorse umane…
Da questo punto di vista, i problemi fondamentali, secondo il mio parere, sono due: innanzitutto, i medici non sono remunerati in modo adeguato, sono demotivati e troppo pochi, rendendo impossibile completare gli organici e, spesso, per ragioni politiche, si inaugurano nuovi reparti incompleti solo per assegnare primariati. L’altro problema importante è il trasferimento, sempre per scelta politica, di personale assistenziale – medici e infermieri – in ruoli amministrativi regionali o dirigenziali, che sottrae forza lavoro cruciale. Esiste una responsabilità medica, che a volte fa delle certificazioni che magari possono non essere corrette, ma che creano davvero un grosso problema.
Abbiamo capito che il problema è estremamente complesso, però il diritto alla salute è un diritto costituzionale. Quindi se lei fosse il decisore cosa farebbe?
La soluzione assolutamente indispensabile che propongo è una massiva e omogenea digitalizzazione, perché tutte queste liste d’attesa non sono vere: i dati che arrivano al Ministero sono falsi o non veritieri, giacché sei milioni di persone non accedono alle cure perché non hanno i soldi e non vengono conteggiate. Molti pazienti, poi, chiudono la telefonata al CUP quando scoprono i lunghi tempi e scompaiono dalle liste. E si verifica anche il problema del “salto delle liste” attraverso il Pronto Soccorso. C’è una non correttezza di base, che solo la digitalizzazione potrà smascherare e risolvere, fornendo dati reali e un sistema trasparente. I nostri ospedali, poi, usano sistemi digitali non uniformi, a volte due o tre diversi nello stesso presidio, che non comunicano tra loro. Questo è il primo passo da risolvere.
In secondo luogo?
Affronterei il problema della motivazione del personale medico e sanitario. Medici, infermieri e altro personale non sono sufficientemente motivati e, soprattutto, non sono pagati adeguatamente. I reparti non sono completi dal punto di vista dell’organico e l’ospedale va avanti solo grazie all’abnegazione di quei pochi professionisti rimasti. Se si chiede di continuare a lavorare la sera per smaltire le liste d’attesa, non si può pensare di risolvere il problema offrendo solo 20 o 30 euro per un’ora di straordinario a un medico che ha già lavorato un turno completo.
È fondamentale anche che la strumentazione negli ospedali sia adeguata. Parlo in particolare delle grandi apparecchiature: se si utilizzano strumenti che hanno più di dieci anni, è impossibile garantire un numero sufficiente di prestazioni sanitarie e le liste d’attesa continueranno inevitabilmente ad aumentare.
Infine, sono molto cauto riguardo il tentativo di esternalizzare le prestazioni alle strutture private accreditate. Bisogna stare molto attenti a destinare troppi soldi a questo sistema, perché, in pratica, significa dare molti più fondi al privato accreditato che potrà migliorare le proprie strutture e acquistare apparecchiature sempre più moderne. A lungo andare, temo che il sistema pubblico si ritroverà a curare solo i pazienti disperati, quelli che non hanno i soldi neanche per pagare un ticket.



