Una tragedia di proporzioni immani ha colpito l’isola di Sumatra, in Indonesia, dove inondazioni e frane causate da piogge torrenziali hanno provocato oltre 600 vittime e centinaia di dispersi. Secondo l’agenzia nazionale per la gestione dei disastri, il bilancio è salito a 631 morti, mentre i soccorritori cercano ancora più di 470 persone intrappolate sotto le macerie o trascinate via dalle acque. Le piogge, alimentate da una rara tempesta tropicale formatasi nello stretto di Malacca, hanno devastato intere province, tra cui West Sumatra e North Sumatra, sommergendo villaggi e distruggendo infrastrutture. Oltre un milione di persone sono state evacuate, mentre decine di migliaia di abitazioni risultano danneggiate o completamente distrutte. Le immagini diffuse dai media mostrano fiumi di fango che travolgono case e strade, ponti crollati e comunità isolate. Le operazioni di soccorso sono rese difficili dall’accesso limitato alle zone montuose e dalla mancanza di elettricità. L’esercito indonesiano è stato mobilitato per assistere nelle evacuazioni e distribuire aiuti, mentre organizzazioni umanitarie internazionali hanno inviato squadre di emergenza e forniture mediche. Il presidente Joko Widodo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale e ha promesso “risorse straordinarie” per affrontare la crisi. “La priorità è salvare vite e garantire assistenza immediata agli sfollati”, ha affermato in un discorso televisivo. Gli esperti sottolineano come il disastro rifletta la crescente vulnerabilità dell’Indonesia agli eventi climatici estremi, aggravati dalla deforestazione e dall’urbanizzazione incontrollata. Sumatra, già colpita in passato da terremoti e tsunami, si trova ora di fronte a una nuova emergenza che mette a dura prova la resilienza del Paese. La comunità internazionale ha espresso solidarietà: l’ONU ha annunciato un piano di supporto logistico, mentre l’Unione Europea e diversi Paesi asiatici hanno offerto aiuti finanziari e tecnici.



