Il tennis italiano piange uno dei suoi padri fondatori. Nicola Pietrangeli, simbolo assoluto della racchetta azzurra, è morto all’età di 92 anni. Un campione inimitabile, unico italiano inserito nella International Tennis Hall of Fame, e ancora oggi detentore di record mondiali in Coppa Davis che sembrano destinati a rimanere imbattuti: 164 partite giocate, 78 vittorie in singolare e 42 in doppio. Cifre che raccontano solo una parte di ciò che è stato. Con Orlando Sirola formò la coppia più vincente della competizione – 34 successi in 42 incontri – anche se la Davis la sollevò solo da capitano, nel 1976. Un trionfo storico, ottenuto dopo aver guidato la squadra italiana fino in Cile, superando non soltanto avversari sportivi ma tensioni politiche internazionali: “Il mio vero merito – aveva sempre ricordato – fu portare l’Italia a giocare quella finale, vincendo la partita diplomatica più difficile”.
Un gigante della ‘Dolce vita’ diventato leggenda
Pietrangeli non fu soltanto un campione: fu un’icona culturale. Uomo-simbolo della Roma felliniana, frequentatore della Dolce Vita trasformata in mito, figura elegante, ironica e irresistibile. In campo, tra il 1957 e il 1964, era considerato stabilmente tra i dieci migliori tennisti del mondo. Vinse il Roland Garros nel 1959 e nel 1960, fu due volte campione agli Internazionali d’Italia e conquistò 48 titoli complessivi. A questi si aggiungono l’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1963 e la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Città del Messico 1968.
Amava ricordare con la sua inconfondibile ironia: “Se mi fossi allenato di più, avrei vinto di più, ma mi sarei divertito di meno”. Una frase che racchiude perfettamente la sua filosofia: talento naturale, passione pura, spirito libero.
Il ricordo commosso di Angelo Binaghi
Profonda e personale la lettera pubblicata dal Presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel, Angelo Binaghi, che apre con parole taglienti: “Oggi il tennis italiano perde il suo simbolo più grande, e io perdo un amico”. Binaghi tratteggia un ritratto che va oltre il mito sportivo:
“Nicola non è stato soltanto un campione: è stato il primo a insegnarci cosa volesse dire vincere davvero, dentro e fuori dal campo. Con lui abbiamo capito che anche noi potevamo competere con il mondo”.
Il Presidente rievoca anche un ricordo personale: una foto che lo ritrae bambino, raccattapalle durante una Davis, con Pietrangeli proprio davanti a lui. “Quella foto – scrive – è il simbolo di come un bambino possa innamorarsi di uno sport grazie a chi lo incarna così pienamente. Per me Nicola era il tennis”. Binaghi conclude con un’immagine affettuosa e poetica: “Ci piace pensare che abbia raggiunto in cielo Lea, e che stiano già giocando un doppio misto come solo loro sapevano fare”.
L’ultimo saluto delle istituzioni e del mondo sportivo
Il cordoglio ha attraversato rapidamente il Paese. Il Vicepremier Antonio Tajani ha scritto su X: “Icona del tennis italiano, uno dei più grandi sportivi del secolo scorso. Riposa in pace”. La Vicepresidente della Fitp Chiara Appendino ha ricordato la sua eleganza e il suo estro, unici nel panorama mondiale: “Per lui parlano non solo i trofei, ma il rispetto unanime del circuito”.
Anche il Ministro Paolo Zangrillo ha sottolineato il valore storico della sua figura: “Con la sua classe e la sua dedizione ha aperto la strada a generazioni di atleti”.
Non è mancato il saluto della Lazio, squadra che Pietrangeli amava profondamente: “Un campione che ha sempre portato i nostri colori nel cuore. Grazie Nicola”.



