Un gesto provocatorio ha scatenato polemiche e conseguenze senza precedenti nel Parlamento australiano. La senatrice Pauline Hanson, leader del partito nazionalista One Nation, è stata esclusa dall’aula dopo aver indossato un burqa in segno di protesta contro il rifiuto dei colleghi di discutere la sua proposta di legge per vietare l’uso del velo integrale negli spazi pubblici. L’episodio si è verificato a Canberra, durante una seduta del Senato. Hanson, nota per le sue posizioni anti-immigrazione e anti-islamiche, ha fatto il suo ingresso indossando il tradizionale indumento musulmano, suscitando immediatamente reazioni di sdegno. Alcuni parlamentari hanno definito la sua azione “un insulto” e “una mancanza di rispetto verso la comunità musulmana”, mentre altri hanno accusato la senatrice di voler trasformare il Parlamento in un palcoscenico per provocazioni politiche. La presidenza del Senato ha sospeso i lavori per oltre un’ora, chiedendo ripetutamente alla senatrice di rimuovere il burqa. Al suo rifiuto, è stata votata l’esclusione dall’aula per il resto della giornata, poi estesa a più sedute. Hanson ha difeso la sua scelta sostenendo che il burqa rappresenti “un rischio per la sicurezza nazionale e un simbolo di oppressione femminile”, ribadendo la volontà di portare avanti la sua battaglia politica. Il gesto ha avuto un’eco immediata sui media e sui social, dove il video dell’ingresso in aula è diventato virale. Le associazioni islamiche australiane hanno condannato l’azione come “un atto di razzismo palese”, mentre diversi esponenti politici hanno sottolineato la necessità di difendere il multiculturalismo e il rispetto delle minoranze. L’episodio segna un nuovo capitolo nella carriera di Pauline Hanson, già protagonista di numerose controversie. Ma evidenzia anche le tensioni che attraversano l’Australia, divisa tra spinte populiste e la difesa di un modello inclusivo.



