Nel mondo più di 417 milioni di bambini, oltre uno su cinque nei Paesi a basso e medio reddito, vivono oggi privati di almeno due beni fondamentali per una vita dignitosa: nutrizione adeguata, servizi igienici, istruzione, acqua potabile, condizioni abitative sicure o assistenza sanitaria. È il quadro drammatico che emerge dal nuovo rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2025: porre fine alla povertà dei bambini – Il nostro imperativo comune”, pubblicato oggi dall’Unicef in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
417 milioni di bambini in condizioni di grave deprivazione
L’analisi – condotta su oltre 130 Paesi – mostra che 118 milioni di minori subiscono tre o più situazioni di deprivazione, mentre 17 milioni si trovano ad affrontarne quattro o più.
Le privazioni più diffuse riguardano i servizi igienici: nei Paesi a basso reddito il 65% dei bambini non ha accesso a una toilette sicura, con gravi conseguenze per la salute e l’esposizione alle malattie.
“I bambini che crescono senza beni essenziali come una buona alimentazione o servizi igienico-sanitari adeguati subiscono effetti devastanti sul loro sviluppo”, avverte Catherine Russell, dell’Unicef, sottolineando che politiche efficaci possono ancora invertire la rotta.
Povertà estrema: oltre il 19% dei minori vive con meno di 3 dollari al giorno
Accanto alla povertà multidimensionale, il rapporto analizza anche la povertà monetaria. A livello globale, più del 19% dei bambini sopravvive con meno di 3 dollari al giorno.
Quasi il 90% di questi bambini vive nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale, regioni in cui conflitti, crisi climatiche e aumento del debito pubblico aggravano ulteriormente le fragilità.
Bambini poveri anche nei Paesi ricchi: 50 milioni in povertà monetaria relativa
Il rapporto include anche un focus su 37 Paesi ad alto reddito, rivelando che circa 50 milioni di bambini – il 23% della popolazione minorile – vive in condizioni di povertà monetaria relativa, condizione che limita l’accesso a istruzione, cibo e servizi sanitari.
In alcuni Paesi europei la situazione sta peggiorando: Francia, Svizzera e Regno Unito registrano un aumento della povertà infantile superiore al 20% nell’ultimo decennio. Un’eccezione positiva arriva dalla Slovenia, che ha ridotto il fenomeno di oltre un quarto grazie a politiche di sostegno alle famiglie e salari minimi più robusti.
Italia: povertà relativa in calo, ma persistono criticità
“In Italia – afferma Nicola Graziano, dell’Unicef – il tasso di povertà monetaria relativa dei bambini è sceso dal 25% del periodo 2013-2018 al 23,2% nel 2023”.
Tra il 2018 e il 2023 gli standard di vita sono migliorati dell’8,6%, mentre la povertà relativa si è ridotta del 5,3%. Nel 2024 i bambini che vivevano in grave deprivazione materiale e sociale erano il 5,7%, in netto calo rispetto al 2015. Tuttavia, restano segnali preoccupanti: nel 2022, il 32,9% dei quindicenni italiani non disponeva di una stanza propria.
Progressi rallentati e rischio di un’inversione di tendenza
Il rapporto evidenzia come i progressi registrati tra il 2013 e il 2023 – con una riduzione dal 51% al 41% dei bambini che subiscono una o più gravi deprivazioni nei Paesi a basso e medio reddito – stiano rallentando.
Crisi climatiche, conflitti, invecchiamento della popolazione, aumento del debito pubblico e tagli agli Aiuti Pubblici allo Sviluppo (APS) rischiano di invertire i risultati ottenuti.
Secondo uno studio pubblicato da The Lancet, la riduzione degli aiuti allo sviluppo potrebbe causare la morte di 4,5 milioni di bambini sotto i 5 anni entro il 2030, mentre stime Unicef indicano che ulteriori 6 milioni di minori potrebbero rimanere fuori dalla scuola già nel prossimo anno.
Le richieste dell’Unicef ai governi
Il rapporto sottolinea che porre fine alla povertà infantile è possibile e propone strategie chiare per i governi:
rendere la lotta alla povertà dei bambini una priorità nazionale;
integrare i diritti dell’infanzia nelle politiche economiche e nei bilanci; rafforzare i programmi di protezione sociale e i sostegni economici alle famiglie;
aumentare l’accesso ai servizi essenziali come istruzione, sanità, acqua e alloggi dignitosi;
promuovere lavoro dignitoso e stabile per i genitori.
“Non è il momento di arretrare – conclude Russell – ma di consolidare i progressi compiuti. Investire nei bambini significa costruire un mondo più sano e pacifico per tutti”.



