domenica, 23 Febbraio, 2025
Ambiente

Mobilità sostenibile: l’Italia ci prova, ma restano dei nodi da sciogliere

La mobilità sostenibile già da anni è un tema caldo e l’emergenza sanitaria ha reso più evidente l’urgenza di realizzare un piano operativo solido e lungimirante per far fronte alle esigenze dei cittadini, senza discostarsi dalle linee europee ed internazionali di sviluppo sostenibile.

La paura generata dal Covid-19, infatti, ha fatto registrare un’inversione di tendenza e da uno studio condotto dal Laboratorio di Politica dei Trasporti – TRASPOL del Politecnico di Milano, è emerso come, anche in fase 3, il ricorso all’auto privata sia ancora una volta preferito al trasporto pubblico.

Si rafforza, quindi, la necessità di allinearsi alla strategia europea Avoid, Shift, Improve e rispettare gli impegni presi con la sottoscrizione nel 2015 dell’Agenda 2030 di Sviluppo Sostenibile. 

Seppure per il futuro tra gli obiettivi italiani ci sia di incentivare lo smart working e la mobilità di prossimità, è indispensabile che le amministrazioni locali individuino degli strumenti per migliorare la qualità della vita nelle città e forniscano soluzioni ad un’offerta di trasporti non adeguata.

Per fare ciò i comuni hanno a disposizione il PUMS – Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. 

Un piano strategico che, basandosi su strumenti di pianificazione esistenti, per soddisfare le necessità di mobilità delle persone e delle merci allo scopo di migliorarla, tiene conto dei principi di integrazione, partecipazione e valutazione. Tale piano riguarda ogni modalità e forma di trasporto presente sull’agglomerato urbano: pubblico e privato, passeggeri e merci, motorizzato e non motorizzato, di circolazione e sosta.

Stando alle Linee Guida ELTIS, “Guidelines for developing and implementing a Sustainable Urban Mobility Plan”, approvate per la prima volta nel 2014 dalla Direzione Generale per la Mobilità e i Trasporti della Commissione Europea ed aggiornate nel 2019, gli obiettivi del PUMS sono di “migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane in modo da assicurare un ambiente di vita più sano in un complessivo quadro di sostenibilità economica e sociale, facendo sì che il sistema della mobilità urbana assicuri a ciascuno l’esercizio del proprio diritto a muoversi, senza gravare, per quanto possibile, sulla collettività in termini di inquinamento atmosferico, acustico, di congestione e incidentalità.”

In Italia nel 2017 è stato approvato il Decreto del Ministero delle Infrastrutture che detta le linee guida nazionali per le Città metropolitane e ai Comuni con più di 100.000 abitanti.

Dopo tre anni dall’approvazione la situazione italiana non può certamente definirsi soddisfacente. 

I dati dell’Osservatorio PUMS, aggiornati a febbraio 2020, dimostrano che attualmente in Italia, rispetto a due anni fa, il numero dei PUMS è raddoppiato arrivando alla cifra di 164, ma di essi solo il 36% risulta approvato, mentre il 35% è stato adottato ed il 93% è ancora in redazione. 

Inoltre, tali piani dovranno essere aggiornati in ragione della situazione attuale. 

Il governo, infatti, nel Piano Rilancio 2020, ha predisposto, con l’articolo 229 rubricato “Misure per incentivare la mobilità sostenibile”, azioni volte a favorire forme di mobilità sostenibile alternative al trasporto pubblico locale. 

Diverse le novità introdotte. Dal “buono mobilità” per l’acquisto di biciclette e di veicoli per la mobilità personale a propulsione elettrica come monopattini, monowheel, segway, hoverboard, alla rottamazione di autoveicoli e motocicli inquinanti in favore, prevalentemente, di veicoli elettrici. Dalla modifica al Codice della strada per garantire maggiore sicurezza a chi fa ricorso alla bicicletta od altri mezzi a basso impatto ambientale, alla realizzazione di piani per predisporre gli spostamenti casa-lavoro, fino alla nomina di un mobility manager da parte di imprese e pubbliche amministrazioni con singole unità locali con più di 100 dipendenti ubicate in zone con una popolazione superiore a 50.000 abitanti.

Il decreto prevede, inoltre, il finanziamento di progetti di creazione, prolungamento, ammodernamento e messa a norma delle piste ciclabili. Progetti che dovranno aggiungersi o sostituirsi a quelli riguardanti le corsie riservate al trasporto pubblico locale.

Le scelte dei decisori pubblici lasciano intendere che la mobilità sostenibile rappresenta uno dei punti all’ordine del giorno, principalmente per le città metropolitane, ma è innegabile che ancora oggi le misure risultino inorganiche e approssimative.

Non è lungimirante, infatti, favorire il ricorso a mezzi alternativi al trasporto pubblico anziché implementarlo, innovarlo e incoraggiarlo mettendo in sicurezza personale e utenti. 

Non è efficiente agevolare l’acquisto di tali veicoli se ancora la rete stradale non è stata adeguatamente predisposta.

Non è equo incentivare solo l’elettrico e non immaginare, invece, un ammodernamento graduale: sono tante le famiglie che manifestano la necessità di sostituire i vecchi veicoli con altri a minor impatto ambientale, ma l’elettrico, visti i costi più proibitivi, non può essere l’unica risposta.  

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