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La madre di Alberto Trentini: “Un anno senza mio figlio. L’Italia intervenga, la mia pazienza è finita”

sabato, 15 Novembre 2025
2 minuti di lettura

Un anno di attesa, di silenzi, di angoscia. Dodici mesi in cui una famiglia intera ha vissuto “notti e giornate senza senso”, consumate dalla preoccupazione per Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto in Venezuela dal 15 novembre 2023, senza accuse formali e in condizioni che i familiari definiscono “disumane”. Con la voce spezzata e le lacrime trattenute a stento, la madre, Armanda Colusso Trentini, si è presentata davanti ai giornalisti nella sala stampa di Palazzo Marino, a Milano, per raccontare il calvario vissuto e la “assenza” che – denuncia – avrebbe caratterizzato l’azione diplomatica italiana.
Non cerco la vostra compassione – ha detto – ma voglio farvi capire quanto difficili siano stati questi mesi per me e per la mia famiglia, anche perché mio marito non sta bene. A nostro figlio è stato tolto un anno di vita, un anno in cui non ha potuto godere dell’affetto dei suoi cari”.

“Fino ad agosto nessun contatto con il governo venezuelano”

La signora Trentini ha puntato il dito contro quella che definisce una grave lentezza nelle iniziative del governo italiano: “Fino ad agosto il nostro governo non aveva avuto alcun contatto telefonico con il governo venezuelano. Questo dimostra quanto poco si siano spesi per mio figlio”. E ancora: “Per ottenere la liberazione di Alberto serviva un gruppo coeso e motivato. Non c’è stato. Dopo 365 giorni non posso che esprimere la mia indignazione: non si è fatto ciò che era necessario e doveroso fare. Sono stata paziente ed educata. Ma ora la mia pazienza si è esaurita”.
Durante quest’anno di prigionia, il cooperante italiano è stato rinchiuso in una cella di 2 metri per 2, in condizioni igieniche considerate critiche. A raccontarlo è stato un ex detenuto svizzero, poi liberato: “Il governo svizzero è andato a Caracas a prendersi il suo prigioniero, così come sono stati liberati detenuti statunitensi, colombiani e di altri Paesi”.

Dialoghi diplomatici fragili

Alberto, invece, ha trascorso sei mesi in isolamento totale, durante i quali non ha potuto comunicare con la famiglia. Solo successivamente gli sono state concesse tre brevi telefonate. “Verso fine settembre – aggiunge la madre – ha ricevuto la prima e unica visita dell’ambasciatore. Concessioni fatte dal governo venezuelano per poter dire che i loro diritti erano stati rispettati”. La madre racconta di aver nutrito speranze dopo la stretta di mano tra il presidente Sergio Mattarella e la ministra dell’Istruzione venezuelana lo scorso 19 ottobre, durante le celebrazioni vaticane per la canonizzazione di due santi venezuelani. “Avevo sperato fosse il punto di svolta. Ma le tensioni recenti tra Stati Uniti e Venezuela potrebbero aver interrotto le trattative. Ciò non cancella la mancanza di contatti nei mesi precedenti”.
Presente alla conferenza stampa, Alessandra Ballerini, avvocata della famiglia Trentini e dei genitori di Giulio Regeni, ha sottolineato come la mancata legittimazione del governo Maduro da parte dell’Italia dopo le ultime elezioni presidenziali abbia reso più complessi i rapporti diplomatici: “Nelle settimane della canonizzazione speravamo si aprisse un vero canale diplomatico. Suggerirei a Maduro di approfittare del clima cordiale attuale e compiere un gesto di distensione, mantenendo le promesse e permettendo ad Alberto di tornare a casa”.
Ballerini ha confermato che “sono comparsi negoziatori, talvolta millantando poteri inesistenti”, ma non ha fornito dettagli sulle trattative in corso.

“Agite. Alberto è un nostro concittadino”

A margine dell’incontro è intervenuto anche il conduttore Fabio Fazio, da mesi impegnato nel ricordare la vicenda. “Dire più di quanto ha detto la signora Armanda è difficile. Faccio mio l’appello dell’avvocata Ballerini: il governo agisca come se Alberto fosse un loro figlio. È un nostro concittadino. Bisogna occuparsene senza sosta”.

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