È l’Eurispes, attraverso una nuova Nota del Laboratorio sulle Politiche fiscali, a riaccendere i riflettori su un tema che da anni attraversa il dibattito pubblico: il ceto medio, la sua tenuta economica e il suo ruolo nel sistema fiscale italiano. La discussione torna centrale mentre la Legge di bilancio 2026 introduce misure che, per la prima volta dopo molto tempo, cercano di sostenere la fascia di popolazione che più di tutte garantisce la stabilità finanziaria del Paese e che, allo stesso tempo, rischia oggi di scivolare verso l’impoverimento. Il provvedimento cardine annunciato dal Governo è la riduzione strutturale dell’aliquota Irpef sul secondo scaglione: dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro lordi. Un intervento che coinvolgerà oltre 13 milioni di contribuenti — soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati — con un beneficio massimo di circa 440 euro l’anno.
A questo si aggiungono agevolazioni mirate a incrementare il reddito disponibile: imposta sostitutiva del 5% sugli aumenti contrattuali nel privato per redditi fino a 28.000 euro; tassazione ridotta al 15% per straordinari, notturni e festivi (fino a 1.500 euro) per dipendenti fino a 40.000 euro; un regime simile ma più contenuto per il pubblico impiego, entro un tetto di 800 euro e reddito massimo di 50.000 euro. Misure che, nel complesso, rappresentano un primo tentativo di avvicinare il fisco alla realtà di un ceto medio in crescente difficoltà.
Chi è davvero il ceto medio?
Eurispes sottolinea un punto chiave: non esiste una definizione univoca di ceto medio. L’Ocse lo colloca tra il 75% e il 200% del reddito familiare mediano — che in Italia è pari a 30.039 euro annui netti. Ne discende una fascia tra i 22.500 e i 60.000 euro di reddito familiare. Ma la misurazione è complicata dal fatto che l’Irpef italiana tassa i redditi individuali e non quelli familiari. Le nuove misure, pur non sovrapponendosi perfettamente ai criteri statistici, finiscono comunque per intercettare gran parte di quella classe media che oggi è al centro dell’analisi di Eurispes.
La Nota dell’Eurispes richiama con forza un aspetto che condiziona ogni valutazione redistributiva: in Italia metà dei contribuenti non versa Irpef. Di conseguenza meno di un terzo dei cittadini paga oltre il 75% del gettito Irpef; il 43,15% dichiara redditi nulli e la gran parte dell’onere fiscale ricade proprio sul ceto medio, intrappolato in un sistema sbilanciato e poco equo.
È questo squilibrio che rende controverso qualsiasi intervento a favore del ceto medio, percepito talvolta come un privilegio per i “ricchi”, anche quando i conti reali raccontano una storia opposta.
Un ceto medio in perdita
La Nota Eurispes cita un dato emblematico: nel 2023 la spesa media mensile delle famiglie italiane è stata di 2.738 euro, mentre il reddito netto mediano mensile è fermo a 2.310 euro. Le famiglie ‘tipiche’ del ceto medio sono dunque in deficit strutturale. I costi di mutuo o affitto, bollette, carburante, assicurazioni, alimentari, spese per i figli e sanità superano le entrate a disposizione. È questa la fotografia di una fascia sociale che, pur lavorando e contribuendo più di tutte alle casse pubbliche, arranca sempre di più, soprattutto al Nord dove il costo della vita è più alto.
L’Eurispes evidenzia un paradosso: il ceto medio non solo non è ricco, ma ha spesso sostenuto — tramite il sistema fiscale — chi sulla carta appare più povero ma che in realtà beneficia di rendite non dichiarate. Il risultato è una redistribuzione impropria che negli anni ha eroso la solidità di questa classe sociale.
Il limite dei 35.000 euro lordi, a lungo considerato soglia oltre la quale non servono aiuti, ha funzionato come un discrimine artificiale: chi lo superava diventava automaticamente ‘autosufficiente’, anche quando i numeri del bilancio familiare dicevano il contrario.
Il senso delle nuove misure
Secondo Eurispes, i 2,9 miliardi stanziati dal Governo rappresentano un intervento minimo ma necessario per una fascia di contribuenti sistematicamente esclusa dai sostegni. Non basteranno 440 euro l’anno a risollevare il ceto medio, ma il segnale politico è rilevante: per la prima volta si riconosce apertamente che questa parte del Paese ha bisogno di aiuto. Il Laboratorio Eurispes richiama anche la necessità di riforme più profonde, come l’introduzione del quoziente familiare, che consentirebbe di valutare il reddito in base alla composizione del nucleo, come già avviene in altri Paesi europei.



