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San Raffaele, eccellenza mondiale nella cura dei tumori urologici: chirurgia robotica e terapie su misura

mercoledì, 12 Novembre 2025
1 minuto di lettura

L’Unità di Urologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano si conferma tra i centri di eccellenza a livello mondiale per la diagnosi e il trattamento delle principali patologie oncologiche e funzionali dell’apparato uro-genitale. Con oltre 3.500 interventi per tumore al rene e più di 2.000 per tumore alla vescica, l’équipe diretta dal Professor Francesco Montorsi, ordinario di Urologia all’Università Vita-Salute San Raffaele, rappresenta un punto di riferimento per pazienti provenienti da tutta Italia e dall’estero. L’ospedale milanese si distingue per la chirurgia robotica di ultima generazione, grazie ai sistemi Da Vinci Xi, con più di 700 interventi robotici l’anno e oltre 20.000 prestazioni ambulatoriali. L’attività clinica si integra costantemente con la ricerca e la formazione accademica, in stretta collaborazione con l’Urological Research Institute (URI), che sviluppa e sperimenta nuove strategie terapeutiche e protocolli di cura personalizzati.
La grande novità nella cura del tumore del rene – spiega Montorsi all’Italpress – è capire che non tutti i tumori sono uguali. La terapia oggi viene scelta in base alla caratterizzazione della neoplasia: si può agire con una semplice puntura e cauterizzazione, con la nuova chirurgia robotica ‘single port’, che consente di rimuovere la lesione attraverso un’unica mini-incisione, oppure con la radioterapia stereotassica, una metodica di estrema precisione che colpisce il tumore risparmiando i tessuti sani”. Tutte queste tecniche, sottolinea, sono già operative al San Raffaele.
L’approccio dell’équipe è fortemente multidisciplinare: “Innovazione – osserva Montorsi – significa anche lavorare in gruppo, unendo le competenze di oncologi, radioterapisti e urologi. Ogni caso viene discusso collegialmente per definire la strategia migliore, in particolare nei tumori della vescica”.

Farmaci innovativi

Per le forme iniziali della malattia vengono impiegati farmaci innovativi che riducono il rischio di progressione; nei casi più aggressivi si adottano combinazioni di immunoterapici e chemioterapici, associate, quando necessario, a chirurgia e radioterapia. “La comunione delle forze – aggiunge il primario – è la vera rivoluzione per questi tumori”. Un’evoluzione che ha trasformato anche l’esperienza dei pazienti: “Oggi la chirurgia mininvasiva consente interventi estremamente precisi e recuperi rapidissimi – spiega Montorsi –. Un tempo le incisioni erano ampie e servivano settimane per tornare alla vita quotidiana. Ora, grazie alle tecniche single-port e multi-port, bastano microaccessi: il paziente quasi non se ne accorge e il chirurgo può operare con la massima precisione, preservando organi e tessuti”.

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