0
Dott. Adriano Formoso,psicologo, psicoterapeuta e fondatore del Centro di Ricerca in Psicoanalisi di Gruppo e di Neuropsicofonia®

“Senzatetto, emergenza dimenticata”: l’analisi del dott. Adriano Formoso

venerdì, 7 Novembre 2025
3 minuti di lettura

La stima di oltre 96.000 persone senza fissa dimora in Italia è basata sull’indagine Istat del 2021. Le statistiche più recenti mostrano che il dato è rimasto sostanzialmente stabile negli anni; quelle più aggiornate parlano di oltre 120mila persone senza casa, concentrate nelle grandi città, soprattutto nel Nord Italia. Le grandi città più colpite sono Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna.  Il Dr. Adriano Formoso, con cui solleviamo la questione, ha incontrato i suoi primi “senza tetto” nella città dove vive, Milano . Adriano Formoso, dalla grande esperienza e studi anche a livello internazionale,è psicologo, psicoterapeuta e fondatore del Centro di Ricerca in Psicoanalisi di Gruppo e di Neuropsicofonia®, situato nel verde del Parco delle Groane, alle porte di Milano. Nel suo centro ha creato un vero e proprio osservatorio clinico e di ricerca per il sostegno alle famiglie e ai minori a rischio, dove si svolgono terapie individuali e di gruppo, interventi psicoeducativi e percorsi di crescita personale che integrano psicologia, psicoanalisi e medicina olistica.  

I dati in mio possesso raccontano una realtà cruda: più di 3.000 dormono stabilmente per strada, tra le stazioni, i sottopassi, i portici. Molti soffrono didisturbi psichici gravi o dipendenze, altri sono vittime di fratture affettive, separazioni, fallimenti. Ma generalizzare è un errore: ogni volto è una diagnosi a sé, un mondo da decifrare”- sottolinea il nostro esperto.           

Dr. Formoso, il fenomeno dei “senzatetto” fa scaturire molte domande. Proviamo ad analizzare il fenomeno.

Da ragazzo, prima ancora di diventare psicologo, ero responsabile di un centro di ascolto della Caritas Ambrosiana. In quelle stanze dal profumo di minestrone e carta umida, ho imparato che la povertà non è solo mancanza di soldi, ma una lenta cancellazione dell’identità. I “barboni”, come molti li chiamano con leggerezza, sono uomini e donne che un giorno avevano un nome, un lavoro, una storia. Poi la vita, con la sua indifferenza, ha cominciato a strappargli via i pezzi. Quando, da giovane, li osservavo dormire sui cartoni, provavo un misto di pena e turbamento. Mi chiedevo: com’è possibile smettere di appartenere a qualcuno, a qualcosa? Forse in ognuno di loro c’era una parte di noi che non vogliamo vedere: la fragilità che neghiamo, il rischio di scivolare giù se la vita dovesse colpirci nel punto giusto. Nel tempo, con l’esperienza clinica, ho capito che la strada non è solo un luogo: è uno stato della mente. Chi vi finisce spesso ha perso il filo della propria narrazione, e smarrire la casa è solo l’ultimo capitolo di un romanzo di abbandoni iniziato molto prima.  

La psichiatria parla al riguardo di depressioni mascherate, disturbi da accumulo, personalità evitanti, psicosi croniche.  

Dietro la terminologia resta un essere umano che non riesce più a reggere il peso del mondo. La solitudine diventa una difesa, il disordine una mappa del caos interno, la bottiglia un tentativo di anestesia. Molti, prima di scendere in strada, hanno resistito in silenzio per anni: famiglie spezzate, lavori perduti, umiliazioni quotidiane. Finché il confine tra dentro e fuori si è dissolto.  

Con la nostra quotidianità rassicurante e la sua esperienza clinica, come percepisce che le persone reagiscono a questa umanità accovacciata sui marciapiedi?

Li evitiamo. Abbassiamo lo sguardo fingendo di non vederli, quasi che lo sguardo potesse contagiarci. Li consideriamo avanzi della società, scarti senza pensiero, come se la povertà cancellasse anche la parola. Eppure, chi si ferma ad ascoltarli scopre che spesso parlano un linguaggio più sincero del nostro: quello della sopravvivenza, del dolore nudo, del tempo che scorre senza orologi. Molti di loro hanno una filosofia propria, un’intuizione limpida, una memoria della vita che noi abbiamo perso dietro le nostre agende ordinate.

Nessuno parla davvero dei senzatetto, intende?  

Purtroppo no.  Si discute di sicurezza, di decoro urbano, ma quasi mai di anima. Eppure il fenomeno è antico quanto il mondo: Eschilo già descriveva il mendicante come “colui che porta sul viso l’immagine di tutti gli uomini sconfitti”.

Nella strada si riflette l’intera storia dell’umanità: l’ascesa e la caduta, la gloria e l’abbandono. Chi non ha più casa, paradossalmente, è colui che abita tutte le case, perché ricorda a ciascuno di noi che la sicurezza è un’illusione.

C’è bisogno di uno sguardo nuovo, meno pietistico e più empatico, capace di riconoscere l’essere umano dietro la ruga, la barba, l’odore.

Il senza fissa dimora non è solo un problema sociale: è uno specchio collettivo. Guardandolo, dovremmo chiederci: quanto poco basta perché la nostra vita “normale” diventi la sua? Finché non lo faremo, continueremo a camminare sopra le loro coperte, ma anche sopra la nostra coscienza.

Redazione

Redazione

“La Discussione” è una testata giornalistica italiana fondata nel 1953 da Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori dell’Italia moderna e leader di spicco nella storia politica del nostro paese.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:

Potrebbero interessarti

“Drone money” in nome della giustizia fiscale

Uno dei problemi più gravi della crisi economica connessa all’emergenza…

Volo ‘FedEx’ prende fuoco dopo la collisione con un uccello

Un aereo cargo FedEx, in volo, sabato mattina, da Newark…