La Corte Suprema degli Stati Uniti ha avviato l’esame sulla legittimità dei dazi globali imposti dal Presidente USA, Donald Trump, nel corso del suo secondo mandato, accogliendo i ricorsi presentati da dodici stati a guida democratica e da gruppi di imprenditori che denunciano l’uso improprio dei poteri presidenziali. Al centro del dibattito c’è l’applicazione dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), che Trump ha invocato per giustificare le tariffe introdotte con il cosiddetto “Liberation Day” dello scorso aprile. Durante l’udienza, alcuni giudici — anche tra i conservatori — hanno espresso scetticismo sull’estensione dei poteri presidenziali in materia commerciale. La decisione finale è attesa entro luglio, ma già si profilano conseguenze economiche e politiche rilevanti per l’amministrazione Trump. Il presidente ha definito il caso “una questione di vita o di morte per il Paese”, avvertendo che una sconfitta “renderebbe gli Stati Uniti indifesi di fronte ai ricatti economici stranieri”. In un comizio in Florida, ha rilanciato: “Se perdiamo questa battaglia, perderemo il controllo sulla nostra sicurezza nazionale”. A replicare è stato il neoeletto sindaco di New York Zohran Mamdani, che ha accusato Trump di “usare la paura come arma politica” e ha dichiarato: “Non mi farò intimidire da lui, né come sindaco né come cittadino”. Mamdani, primo musulmano alla guida della Grande Mela, ha criticato i dazi come “strumenti di divisione e privilegio” e ha promesso di “difendere le comunità colpite dalle politiche economiche discriminatorie”. Il confronto tra i due leader, già acceso durante la campagna per le municipali, si sposta ora sul piano nazionale, con Mamdani che emerge come voce critica e alternativa all’agenda trumpiana.



