Ieri i leader europei, insieme a Ucraina e Regno Unito, hanno sottoscritto una dichiarazione che accoglie l’idea del presidente Usa Donald Trump di un cessate il fuoco “immediato” lungo le attuali linee del fronte, come base di partenza per i negoziati. Il testo ribadisce che i confini non possono essere cambiati con la forza e che Kiev deve trovarsi “nella posizione più forte possibile” prima, durante e dopo la tregua, anche attraverso l’uso del valore dei beni sovrani russi congelati e nuove sanzioni. In settimana il dossier approda al Consiglio europeo e alla “coalizione dei volenterosi”. Mosca, però, ha risposto con il gelo. Il ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha definito un cessate il fuoco “immediato” un modo per “dimenticare le cause profonde del conflitto”, sostenendo che “la maggior parte dell’Ucraina resterebbe sotto controllo nazista”.
Sul piano diplomatico il Cremlino frena anche sul summit con Trump: per il portavoce Dmitry Peskov “non ci sono date”, serve “seria preparazione”. La Cnn ha riferito del rinvio dell’incontro preparatorio tra Marco Rubio e Lavrov; da Mosca il vice ministro Serghei Ryabkov ha tagliato corto: “Non si può rinviare ciò che non è stato concordato”. Intanto il possibile vertice Trump-Putin a Budapest resta un’incognita anche sul piano logistico.
Sofia apre a fornire un corridoio aereo nel nome della mediazione, mentre Varsavia avverte: se l’aereo di Putin attraversasse lo spazio polacco, un tribunale potrebbe imporre l’esecuzione del mandato di arresto della Corte penale internazionale. Da Mosca, Ryabkov accusa l’Ue di volere “sabotare” l’incontro. In questo quadro resta incerto anche il capitolo Tomahawk: secondo il Wall Street Journal, Trump avrebbe detto a Zelensky di non contarci “a breve”. Per Zelensky la pressione militare e delle sanzioni resta l’unica leva capace di riportare Putin “alla realtà” e alla diplomazia. In attesa di un negoziato vero, la guerra continua a consumarsi tra il tavolo – sempre apparecchiato ma mai servito – e le sirene che ieri hanno risuonato ancora nel nord dell’Ucraina.
Ue: asset russi e difesa comune
Nel frattempo si muovono gli Stati Ue. Politico scrive che, superate le resistenze del Belgio, i leader sono pronti a incaricare la Commissione di una proposta per finanziare un grande prestito a Kiev usando i rendimenti degli asset russi congelati. Fonti europee avvertono che il negoziato resta “complesso” e dovrà tenere insieme diritto internazionale, garanzie reciproche e ruolo del G7. Ursula von der Leyen rilancia: “È il momento di realizzare l’Europa della difesa”. Da Parigi, Emmanuel Macron ricorda che eventuali concessioni territoriali “possono essere negoziate solo da Zelensky”. Anche Roma si allinea: per Antonio Tajani “solo l’Ucraina decide dei suoi territori; ora bisogna fermarsi e ricominciare a parlare”. Da parte loro, Polonia e Romania annunciano l’arresto di otto persone per piani di sabotaggio attribuiti ai servizi russi; Varsavia parla di 55 indagati dall’inizio dell’invasione. Londra autorizza l’abbattimento di droni non identificati sopra le basi militari. Il ministro della Difesa britannico John Healey si dice pronto, in caso di accordo di pace, a contribuire con un contingente a una forza di garanzia in Ucraina. Sul versante allargamento, la presidenza danese dell’Ue denuncia il blocco ungherese sui capitoli negoziali di adesione di Kiev e promette “misure alternative”.
Fronte interno ed energia
Sul terreno, l’offensiva russa continua a colpire le infrastrutture energetiche. A Chernihiv e in parte della regione nord, ieri centinaia di migliaia di persone sono rimaste senza elettricità e in alcuni casi senza acqua; a Kharkiv 11 feriti dopo nuove bombe aeree guidate. Kiev denuncia l’uso di droni FPV contro i trasformatori nella zona di Zaporizhzhia. La direzione filorussa della centrale nucleare annuncia che l’alimentazione esterna potrebbe essere ripristinata entro sabato, condizione essenziale per la sicurezza dei reattori, attualmente spenti.
Zelensky detta tre priorità interne: accordi per rafforzare l’aviazione, coordinamento con partner europei su difesa aerea, energia e sanzioni, e accelerazione dell’industria militare nazionale con l’obiettivo di coprire “almeno il 50%” del fabbisogno del fronte entro fine anno. Sul fronte energetico e sanzioni, Reuters segnala la prima spedizione di Rosneft verso la nuova raffineria georgiana di Kulevi, nel quadro della diversificazione russa e malgrado i rapporti tesi con Tbilisi. A Mosca, intanto, i ministeri valuteranno ulteriori incentivi fiscali al settore della raffinazione.