La Cina alza il tono nel confronto con gli Stati Uniti, accusando Washington di essere la principale responsabile dell’escalation commerciale che sta minando gli equilibri globali. In una conferenza stampa tenuta a Pechino, il portavoce del Ministero del Commercio, Shu Jueting, ha dichiarato che “la guerra commerciale non è stata provocata dalla Cina. È una reazione alle misure unilaterali e protezionistiche imposte dagli Stati Uniti”. Il riferimento è alle nuove tariffe introdotte dall’amministrazione Trump su semiconduttori, batterie e componenti elettronici di origine cinese, che secondo Pechino violano gli accordi multilaterali e danneggiano le catene di approvvigionamento globali. “Non temiamo lo scontro,” ha aggiunto Shu, “ma non lo cerchiamo. La Cina vuole cooperazione, non conflitto.” Il governo cinese ha inoltre denunciato l’esistenza di un “doppio standard” nei rapporti economici con l’Occidente, accusando Washington di promuovere la liberalizzazione solo quando le conviene. “Quando la Cina innova, viene accusata di concorrenza sleale. Quando gli USA impongono dazi, parlano di sicurezza nazionale,” ha detto Shu, sottolineando che Pechino continuerà a difendere i propri interessi “con fermezza e razionalità”. La tensione si riflette anche nei rapporti con l’Unione Europea, che ha avviato un’indagine anti-sovvenzioni contro le auto elettriche cinesi. Pechino ha definito l’iniziativa “discriminatoria” e ha minacciato contromisure. Intanto, il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato l’allarme: la frammentazione commerciale tra le due superpotenze potrebbe costare all’economia globale oltre 1.400 miliardi di dollari entro il 2030. Nonostante i toni accesi, la Cina ha lasciato aperta la porta al dialogo. Il presidente Xi Jinping, in un messaggio indirizzato al vertice APEC, ha ribadito che “la cooperazione è l’unica via per affrontare le sfide comuni”.
