Il presidente del Madagascar Andry Rajoelina ha annunciato l’apertura di un “dialogo nazionale” con le forze sociali e politiche del Paese, nel tentativo di placare le proteste che da tre settimane infiammano le strade di Antananarivo e altre città. L’iniziativa, prevista per mercoledì sera al palazzo presidenziale, arriva mentre il movimento Gen Z Madagascar ha lanciato un ultimatum di 48 ore per ottenere risposte concrete, minacciando uno sciopero generale e nuove mobilitazioni. “Il popolo potrà parlare direttamente con il presidente, porre domande e condividere le proprie preoccupazioni,” ha dichiarato Rajoelina in un messaggio televisivo. Ma la fiducia sembra ormai compromessa. I manifestanti, guidati da giovani attivisti e organizzati via social media, chiedono le dimissioni del presidente, accusato di aver ignorato le esigenze fondamentali della popolazione in favore di progetti elitari e costosi. Le proteste sono esplose il 18 settembre, in seguito all’arresto di tre consiglieri comunali che denunciavano la cronica carenza di acqua potabile ed elettricità. Lo slogan “Mila jiro, mila rano” – “Bisogno di luce, bisogno di acqua” – è diventato il grido di battaglia di una generazione esasperata. Secondo le Nazioni Unite, almeno 22 persone sono morte e oltre 100 sono rimaste ferite durante le manifestazioni, spesso represse con gas lacrimogeni e, in alcuni casi, munizioni vere. La nomina di un generale dell’esercito, Ruphin Fortunat Dimbisoa Zafisambo, come nuovo primo ministro, ha suscitato ulteriore diffidenza. “Cambiare i volti non basta. Vogliamo un cambiamento reale,” si legge in un comunicato del movimento Gen Z. Il Madagascar, tra i Paesi più poveri al mondo, vive una crisi profonda che intreccia povertà strutturale, instabilità politica e sfiducia istituzionale. Il “dialogo nazionale” potrebbe essere l’ultima occasione per evitare una rottura definitiva tra governo e cittadini.
