Ci sono un professore e un pinguino. Sembra l’inizio di una barzelletta, invece è una storia vera: quella del professore di inglese Tom Michell, in fuga da una vita spenta e senza direzione, che nel 1976 sbarca in Argentina per insegnare in un collegio d’élite. Durante una gita sulla costa trova su una spiaggia un pinguino intrappolato nel petrolio. Lo ripulisce, soprattutto per impressionare una ragazza, ma l’avventura sentimentale sfuma e lui rientra solo, con un animale ingombrante e imprevedibile sotto braccio. Così comincia “Il professore e il pinguino” (The Penguin Lessons), il nuovo film di Peter Cattaneo, presentato in anteprima al Capalbio Film Festival e in uscita nelle sale italiane il 9 ottobre.
Fin dalle prime inquadrature Cattaneo stabilisce un equilibrio sottile tra un tono dolceamaro, ironico, contemperato con le tensioni dell’Argentina dei desaparecidos. Nei corridoi del collegio una fotografia calda e vagamente nostalgica costruisce un senso di rifugio, mentre appena fuori i colori si spengono, i camion militari ronzano, i manifesti censurati ricordano la violenza del regime nascente. La regia gioca con i contrasti: campi lunghi sull’oceano e improvvisi dettagli sul corpo nero di petrolio dell’animale, montaggi che alternano humour domestico e minacce incombenti.
Tom, inizialmente, vuole solo liberarsi di quel peso. Prova a consegnare il pinguino a uno zoo, senza successo. Alla fine lo introduce di nascosto nel collegio, dove Juan Salvador (così si chiama il piccolo animale) diventa presto la mascotte dell’istituto, ma anche detonatore di eventi inattesi. Qui la commedia trova i suoi momenti più riusciti come le gag surreali con il malinconico professore di finlandese, goffo e disorientato o la tenerezza delle due donne delle pulizie, madre e figlia, prime a scoprire l’ospite e ad adottarlo come uno di famiglia.
Poi, però il racconto si fa più scuro. La giovane figlia del professore, voce libera e critica verso il regime, viene rapita in pieno giorno sotto gli occhi del padre. Lei grida il suo nome, ma lui resta paralizzato. È il cuore morale del film: l’uomo ironico e cinico deve misurarsi con la paura e la propria viltà. Poco dopo, senza eroismi, tenta comunque di reagire: si avvicina a uno degli agenti, implora la liberazione della ragazza e finisce arrestato per una notte. Da lì qualcosa si incrina, l’indifferenza non basta più, e Tom comincia davvero a prendersi cura degli altri.
Questa metamorfosi è raccontata con misura. All’inizio Tom accoglie il golpe con leggerezza (“La scuola chiude? Ho una settimana libera”) e salva il pinguino solo per sedurre. Ma l’animale, da trofeo futile, diventa creatura fragile da proteggere e simbolo di un’umanità possibile anche nei tempi più bui. Ispirato a una storia vera, sorprende e affascina il fatto che un gesto minimo possa cambiare una vita e accendere la speranza e come un animale selvatico riesca a mantenere vivo il senso di umanità in un contesto disumano.
Così da peso ingombrante Juan Salvador diventa espediente “didattico” per conquistare una classe annoiata e si trasforma gradualmente in confidente silenzioso e terapeuta improvvisato. Professori, studenti e persino il severo direttore gli parlano come a uno psicologo e si lasciano contagiare dalla sua quieta presenza. All’interno del collegio si forma, infine, un fragile recinto di umanità, una piccola “lieta brigata”, un gruppo che tenta di proteggersi dall’orrore con risate, affetto e gesti gratuiti. Il finale, sobrio e poetico, intreccia sottilmente il destino del pinguino e quello della ragazza, come se due vite fragili si rispondessero a distanza.
Cattaneo calibra tono e ritmo con precisione, evita sentimentalismi e proclami politici, preferisce l’ironia secca e i silenzi eloquenti. La macchina da presa spesso si abbassa ad altezza pinguino, restituendo uno sguardo curioso e quasi infantile. Nei momenti drammatici, invece, la luce si smorza e il suono ambientale diventa protagonista, facendo avvertire la minaccia senza mai mostrarla apertamente. Steve Coogan interpreta il film con misura e malinconia trattenuta, mentre Jonathan Pryce disegna un preside insieme autoritario e dolce. Attorno a loro il cast argentino aggiunge radici e verità storica, specie nelle scene che riguardano la violenza politica.
“Il professore e il pinguino” è così una favola civile che diverte e commuove, ma non smette di interrogare. Un film lieve e insieme consapevole, capace di restituire dignità e speranza senza mai alzare la voce.